Lumi a Marzo: il rituale pre-cristiano per la primavera

7 Marzo 2015
Marta Franceschini
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L'altra notte, le colline dell'Appennino si sono improvvisamente accese di rosse luci scintillanti. Falò che bruciavano nel buio della notte, uno dopo l'altro. Succede ogni anno, nell'ultima notte di Febbraio. Si chiama Lòm a Merz, Lumi a Marzo. E' un rituale molto antico diffuso tra le popolazioni rurali d'Italia, eredità di riti propiziatori dell'era pre-cristiana. Tracce di un paganesimo che resistono da più di duemila anni.

Si brucia l’inverno, col suo buio e i suoi disagi, e ci si apre alla primavera. I contadini raccolgono potature, rami secchi, o qualsiasi altra cosa che non serva più: una vecchia sedia marcia, una cassetta sfondata, ogni inutile segno di un passato che se ne va. La vecchia stagione è data alle fiamme, insieme con vecchi pensieri e vecchie abitudini. Desideri morti e antiche paure si gettano nel fuoco.

Si invoca la primavera, con la sua energia di gioia e rinnovamento. La Terra, Madre di tutte le cose, è invitata a favorire e proteggere il processo di Rinascita. Solo la sua benedizione permetterà un ricco raccolto, tanti animali, alberi carichi di frutti e tempo clemente. Il fuoco ha anche il compito di liberare il territorio da disgrazie e sortilegi, purificando l’area dagli spiriti maligni. Un tempo, braci del falò venivano portate nei camini delle case, e tenute accese il più a lungo possibile, come buon auspicio per l’anno a venire. La mattina dopo, ci si cospargeva il capo e il viso di cenere, come fosse acqua benedetta.

Ancora 50 anni fa, Lumi a Marzo era una ricorrenza molto sentita. Era un’occasione per incontrare parenti e amici, per fare visita ai vicini per ammirare i loro fuochi. I bambini correvano tutto intorno, cercando di indovinare quale dei falò si sarebbe spento per ultimo, e ognuno sperava segretamente che fosse proprio il suo a vincere. Gli adulti parlavano di previsioni e speranze, di preoccupazioni e impegni. Spesso, qualche bicchiere di vino aiutava ad accorciare la notte.

Oggi, i fuochi sono sempre meno. Tuttavia, la tradizione ha resistito, ininterrotta da diverse migliaia di anni, fino al presente. Ancora oggi, se pur inconsapevolmente, uomini e donne continuano a ripetere gesti antichissimi, carichi di valori simbolici. Evocano l’eterno ciclo di Morte e Rinascita, sul quale poggia l’intero Universo. Continuano a sperare che dopo ogni possibile inverno, dopo ogni gelata della terra o del cuore, seguiranno sempre il tepore e i doni della primavera.

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