Peggiora te stesso e vinci in amore in sole 10 mosse!

7 Gennaio 2015
gianrolando scaringi
Per leggere questo articolo ti servono: 20minuti

1                Sei stufo/a di seguire i soliti consigli dell’amico/a che sa tutto d’amore (ma, alla fine, sta molto peggio di te)? Non ce la fai più a collezionare casi umani che finisci per rimontare e migliorare giusto in tempo per lasciarli alle braccia di qualcun altro?  Gli articoli che trovi sul web ti fanno solo arrabbiare perché, con tutta la buona volontà, tu non «quadri il cerchio» nemmeno per sbaglio mentre tutto il mondo intorno a te – anche nelle situazioni più improbabili – ama a gonfie vele e tu no?

Se tutto questo è vero e sei davvero stufo/a dell’ennesima/o donna/uomo che ti ha illuso ed hai il terrore che tutto quello che ti aspetterà, nell’anno nuovo, non sia nulla di meglio, allora sei nel posto giusto!

Perché, dopo un anno di consigli teneri e cuccioli, di riflessioni su quanto l’amore sia meraviglioso e quanto sia altrettanto meraviglioso amare, di lacrime raccolte ed incoraggiamenti, è ora di smetterla di fare chiacchiere: oggi facciamo sul serio!!!

                Dopo lunghe ed intese indagini e sperimentazioni messe in atto da un team di circa un esperto in fatto d’amore e problemi di cuore, dopo chiacchierate e chiacchierate con cuori infranti, esperienze in prima persona, ed il confronto con str***i/e esperti/e di distruzioni di cuori, siamo pronti ad offrire a tutti la soluzione definitiva.

Se non hai paura, sii pronto a cambiare: adesso!

 

Peggiora te stesso e vinci in amore
in sole 10 mosse!

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1. Sii superficiale.

                «Nessuno è andato/a a fondo nel mio cuore più di te». Quante volte l’hai sentito dire? E, quante volte, hai odiato quella frase dopo essere stato/a lasciato/a? è il momento di dire basta!

A te, di andare a fondo, non te ne deve fregare minimamente. Sii sincero/a: quante/i di quelli che ti hanno ferito si sono davvero preoccupate/i di capire come sei fatto/a, cosa sogni, cosa pensi, cosa speri? La verità è una: a loro importava solo il risultato – consumisticamente parlando – e tu non devi essere da meno.

Punta, attacca, abbi il coraggio di giocare le tue carte, importati solo del risultato da ottenere e massacra tutto il resto: «io voglio te e tu vuoi me, anche se non lo sai (ma te lo farò capire presto e bene)».

Nessuna profondità, nessun approfondimento, nessun coinvolgimento (anzi, coinvolgiti, perché è bello… ma non lo mostrare affatto). Niente «buongiorno», niente «buonanotte», niente date da ricordare. Anzi, lascia i discorsi a metà e appendi sul più belo.

La superficialità intriga, fa male, incuriosisce ma, soprattutto, lascia indenni: senza sensi di colpa e, soprattutto, senza ferite (qualora dovesse andare male o se, più naturalmente, ti scocci).

 

2. Metti al centro solo te stesso/a.

Patti chiari: se vuoi essere superficiale, ti devi bastare da solo. Pertanto, datti all’intensa coltivazione dell’autarchia. Devi essere sempre pronto ad attaccare, ad agire scaltramente e, quindi, niente debolezze, niente incertezze, niente difficoltà, niente tristezza. Sii splendente. Come il sole.

Lavati i denti, prenditi cura di te, vestiti bene, prendi le medicine quando stai male, non prendere troppo freddo e troppo caldo, sii salutista, risparmia (ma con criterio), coccolati, leggi, cerca sempre il meglio. Impara almeno una cosa nuova al giorno (meglio due) e, se non ci riesci, apri una pagina di Wikipedia a caso o il primo libro che ti capita a tiro e leggine una pagina (magari è interessante… in tal caso, leggilo tutto).

Impara a cucinare, lavare, stirare, fare la spesa, aggiustare le cose in casa, cucire (almeno un bottone o il calzino bucato). Impara a cavartela in ogni situazione, anche la più improbabile. Non conosci la soluzione? Chiedi (e, poi, spaccia la soluzione per tua). Supera i tuoi limiti, ogni giorno, ogni volta che ne hai occasione. Sforzati a fare anche le cose che non ti piacciono, imparerai tantissimo.

Sii pronto a tutto ed a tutti, impara a cadere in piedi. Ma fallo per te, non per gli altri. In amore vince chi fa la vittima: non mostrare mai quello che sai fare, tu non sai fare niente, non devi mostrare di saper fare niente. Anzi, sii un crogiuolo di problemi, sempre nuovo! Ognuno ha innato un senso di paternità/maternità e non vede l’ora di amare e sfogare questo senso fino all’ultima goccia di sé.

Ricorda: la sola cosa importante sei tu, i tuoi bisogni ed i tuoi obiettivi. Non prenderti mai davvero cura di lei/lui. E non provare a farti film in testa ed a credere di non essere mai abbastanza: rispettati. È troppo bella/o, bellissima/o al punto che ti sembra impossibile anche solo pensare di provarci? Rilassati e non perdere mai di vista l’obiettivo. Dopotutto, per un «no» non è mai morto/a nessuno/a. Anzi, vèndicati, se sei bravo/a, ribalta la situazione e colpisci: «solo perché è bellissima/o, chi si crede di essere!?».

 

3. Preoccupati di ricevere piuttosto che di dare.

L’amore è meraviglioso, tira fuori la parte migliore di noi. Ci dispone al bene, alla solidarietà, all’affetto, alla generosità. Va bene, è vero… ma non ti deve importare. È sbagliato! Nulla di più sbagliato!

Non ti deve importare minimamente del bene, della solidarietà, dell’affetto, della generosità. Anzi, ti deve importare (perché sei votato all’autarchia, ricordi? Coltìvati!) ma ti deve importare soprattutto del bene, alla solidarietà, all’affetto, alla generosità sua verso di te. Sii l’altare su cui sacrificare ogni cosa: impegni, sogni, speranze, tempo, studio, lavoro, sé stessi. Non deve avere un attimo di fiato: le/gli deve importare solo di te, primariamente di te e basta.

Sembra un problema secondario e, invece, è importantissimo. Agire in modo da diventare il centro di tutto è la chiave del diventare str***o/a. Come si fa? La più semplice soluzione è il vittimismo (vedi punto precedente… poi approfondiremo più in là).

Il non plus ultra è stabilire un limite psicologico condizionante alla separazione. Saprai di aver raggiunto il livello ideale quando riuscirai ad instillare il germe per cui, anche solo immaginando un distacco, starà male all’idea che tu possa soffrire per la sua scelta (egoistica) di allontanarsi.

 

4. Agisci senza preoccuparti delle conseguenze.

In parole povere, sii superficiale 2.0: siilo nei fatti, agendo in prima persona. Premessa: agisci! Eh, sì, perché qui non si gioca ad attendere, ad aspettare, a sgranare il tempo in lunghi e tediosi appuntamenti legati al boh, al se, al ma. Qui si agisce, si punta al risultato, si va dritti al punto. E lo si fa in massimo 10/15 giorni!

Troppo complicato? Allora smetti di leggere questo articolo e dedica il resto della giornata a far qualcosa di produttivo, se ne sei in grado. Perché sei vuoi ottenere risultati da tutti i punti precedenti (ed anche dai prossimi) devi fare, darti da fare (perché se non fai, non puoi pretendere!) senza paura di sprecarti mai. In effetti, tu non devi sprecarti: devi far sprecare lei/lui per te e fino all’ultimo frammento dell’ultima parte di sé.

Fai bei gesti, grandi gesti. Impara ad usare il meglio di te, senza strafare ed apparire ridicolo/a. Parla, di’ belle cose, leggi, fa’ sognare, sconvolgi tutti i parametri dell’esistenza. Fa’ una sorpresa più grande di quella che si aspetta, abbraccia come fosse ogni volta l’ultima volta, bacia, senza paura e pudore, come se stessi componendo sulle sue labbra la definizione di «bacio» destinata alla più importante enciclopedia del mondo.

Fa’ complimenti, piccoli doni, di’ cose belle e importanti ma fregatene delle conseguenze. Ti sia chiaro solo l’obiettivo e la legittima pretesa di usare ogni mezzo atto (e non atto) allo scopo per ottenerlo. Sappi cosa vuoi e datti da fare per raggiungerlo.

Le conseguenze? Intuiscile, calcolale, notale, condizionale ma non lasciarle al caso. Sii terribile ma non un terrorista.

 

5. Sii ambiguo/a.

Ovvero istruzioni per l’uso del punto precedente. Allora, regola numero uno: non promettere. Non farlo mai, perché finisci per farci l’abitudine (ed a promettere l’impromettibile) e perché, alla fine, sarai costretto a cedere alla promessa. Soprattutto, ogni volta che facciamo una promessa è come se cliccassimo «salva file» all’interno del cervello dell’interlocutore. Va sempre a finire che si ricordi della promessa e, poi, ci tocca chiuder bottega: non conviene mai sprecarsi per rimettere insieme i cocci.

Fa’ che sia l’ambiguità a guidare i tuoi passi. Fai intendere, ma non dire. Agisci «in modo che…», ma fermati un istante prima del chiaro risultato. Fai intendere il fatto, ma non citare mai la tua intenzione. Questa è la chiave vincente per far sì che le cose funzionino, durino e vadano avanti finché ti fanno comodo. Crea un percorso coerente ma per nulla solido, come Pollicino che si addentra nel bosco tracciando la strada con delle molliche di pane.

Troppo complicato? Sei un/una inguaribile romantico/a a cui piace sussurrare dolci parole e fare bei gesti? Se sì, ricorda che lo fai, innanzitutto, per te stesso/a, per divertirti, per far pratica ed essere più dolce e subdolo/a con la/il prossima/o. Poi, basta solo un po’ d’attenzione e tutto si risolverà, è una questione dialettica, anche nei fatti.

Ricorda, dire «sei la donna / l’uomo che aspetto da un vita» non vuol dire un bel niente: non vuol dire che staremo insieme per sempre, né che lo saremo domani, né che ti amo. Ma solo che sei l’occasione che attendevo da tanto. E, forse, nemmeno quello.

Quanti dubbi ho suscitato con l’uso di, più o meno, cinquanta parole?

 

6. Gioca sporco.

Ulteriore aggiornamento al punto 4. Aggiornamento sostanziale, direi. I problemi possono capitare, anzi, diciamocelo, capitano sempre. C’è sempre qualcosa che non va. E, quando qualcosa non va, allora bisogna giocare sporco, giocare male, giocare anche a far male.

C’è un/una contendente? Denigralo/a, distruggilo/a, non lasciare nulla dell’avversario. Fa’ come i Romani: a te non importa fare prigionieri, ma solo morti. Affronta il nemico colpendo a morte ma senza cercare il confronto, sii subdolo/a, usa la comunicazione non violenta per essere violento (eccome!) esprimendo tutto ciò che pensi senza scadere mai e, soprattutto, senza cedere mai. Sii cattivo ma distinto, non perdere la calma, affronta solo sui campi a te favorevoli e, soprattutto, non ti importi mai di uscire vincitore da un conflitto. Ciò che importa davvero è che l’altro/a ne esca sconfitto. Tu sii umile e raccoglierai tantissimo, anche se neghi l’evidenza e vendi l’anima per venirne a capo e ribaltare la situazione.

La pazienza è la chiave del giocare sporco: sii pulito e non mostrare mai debolezze. Minaccia ma fallo dolcemente, instilla il terrore di una separazione, di una assenza, di un problema che potrebbe avere conseguenze importanti ma che nessuno sa e sai solo tu. Sparisci, fatti cercare e non farti trovare finché non capisci che, uscire allo scoperto, può darti il massimo vantaggio possibile.

Attenzione a non farti prendere la mano, però. Giocare sporco è come superare con abbondanza i limiti di velocità. Se esageri, finisci per farti male. E, soprattutto, per far male. Davvero male. Più di quanto tu possa immaginare.

 

7. Sii pronto/a a cambiare solo per ottenere un tuo vantaggio.

Su questo punto andiamoci piano. Quanti di noi hanno sentito dire o raccontare o hanno vissuto in prima persona l’espressione «l’ha lasciata / lo ha lasciato per stare con me» seguito dall’«in fondo era già finita da un pezzo»? Ecco, a torto o a ragione, questo punto intende questo. Cambiare non sé stessi (se, poi, fa piacere… liberi di far quel che si vuole) ma cambiare tutto, passare da una situazione all’altra senza importarsi delle conseguenze più gravi. Ogni volta che l’ho sentito dire mi sono sempre chiesto come stesse l’«altra» parte, quella lasciata a favore un un’altra / un altro.

Avevo un’amica innamoratissima di un ragazzo. Davvero tanto. Ma a questo tipo, di lei, non importava minimamente. Poi cominciò a sentirsi con un altro e, dopo un po’, si misero insieme. Mi disse, in camera charitatis, «io sto con Xxx e ci sto bene. Ma se mi chiamasse Yyy e dicesse che vorrebbe stare con me, io lascerei Xxx ovunque mi trovi e correrei da lui». È successo. E davvero l’amica ha appeso il ragazzo durante una festa per andare con Yyy che era passato a penderla apposta, perché si era scoperto geloso e aveva deciso che voleva stare con lei. Non so se stanno ancora insieme. Ma come stesse, allora, Xxx me lo ricordo fin troppo bene.

In quella situazione gli str***i sono stati due: che si diceva disposta a lasciare e chi ha fatto sì che lasciasse. Come dire, questo è un punto dalla molteplice applicazione, sempre nuova e sempre diversa. Dipende anche da quello che si cerca ed anche dalla capacità di potersi guardare indietro, qualora serva. Da che mondo è mondo, chi si è lasciato ha sempre rappresentato un porto sicuro a cui tornare. Se si è capaci di renderlo tale.

 

8. Impara a diventare indispensabile.

Ampliamento coscienzioso del punto 4. Ampliamento complicato, direi. Ma dai grandi risultati. Perché il passaggio da vittima a carnefice è breve e subdolo. Talvolta il carnefice è già tale, ma senza esser stato vittima.

Ho già citato la situazione «sto male perché lei/lui sta male a causa mia. L’ho lasciata/o perché è stato un rapporto che mi ha fatto soffrire tantissimo ma non posso sopportare questa situazione. Non ce la faccio a pensare che lei/lui stia male perché l’ho lasciata/o per stare bene io. Mi sento egoista». È tanto assurda quanto vera e non è nemmeno difficilissima da applicare. Però, diciamocelo, non basta. Non è abbastanza forte quanto vorremmo. Il gioco non va mai lasciato all’altra parte: bisogna agire e detenere il controllo.

La situazione perfetta è quella di subdolo carnefice tout-court. Quello che ha piazzato bene la propria indispensabilità, che ha conquistato con ogni mezzo e che detiene il potere con sadismo e voluttuosità (il Diario di un seduttore di Søren Kierkegaard docet).

Non è facile giungere alla condizione «tu non puoi fare a meno di me». È la condizione ideale, chiariamoci, quella di pieno potere sull’altro. Magari può non essere complicato giungervi, ma è molto difficile mantenerla. Perché? Perché non si può millantare, occorre essere, essere profondamente qualcuno.

Ricordi il punto 2? Ecco, se metti bene al centro te stesso/a, allora cresci e puoi, con quello che sei, davvero affascinare anche solo aprendo bocca, creando un legame condizionante con l’altra/o al punto che non potrà più fare a meno di te. Ed, allora, vivrà di te, non avrà occhi che per te, non avrà parola o bacio o secondo di vita che per te. È tua/o e tu puoi farne ciò che vuoi. Innalzarla/o alle stelle o farla/o perire nel peggiore degli inferni delle pene d’amore. Le quali, non a caso, si chiamano pene: perché, con la loro forza, negano ogni libertà, facendo sentire condizionati.

Una controindicazione a questo punto. Non l’uso parsimonioso… quanto, piuttosto, l’uso criteriato e controllato. Non è raro finire per affascinare la persona sbagliata, soprattutto senza volerlo e ritrovarsi in situazioni spiacevoli. Una riflessione valga su tutto: quando vogliamo liberarci di qualche attenzione poco gradita, stiamo molto attenti/e alla noncuranza ed all’assenza di attenzione per convincerla/o che non c’è storia, giusto?. Ma cosa fa, in fondo, il/la vero/a seduttore/seduttrice?

 

9. Crea tensione e lascia soffrire.

Leghiamoci al punto precedente. Il vero seduttore e la vera seduttrice creano tensione. Come fanno? Hanno gli argomenti per creare tensione.

Non, non c’è nulla di strano e, per argomenti, intendo, in effetti, qualcosa da dire e da fare. Questo punto 9 strizza un po’ l’occhio al punto 2, ai punti 4 e 5 ed al precedente. Ragioniamo in positivo: una bella storia d’amore è una storia vissuta come un unico discorso, fatta di tante cose, di tante esperienze, ma legate come l’unico meraviglioso racconto della bella Shahrazād al sultano Shāhrīyār ne Le mille e una notte. Sai perché lo stratagemma della bella protagonista del grande testo persiano funziona e dura così tanto? Perché Shahrazād non si svela mai del tutto, lascia sempre aperto uno spiraglio di tensione ed il Sultano risponde e sopporta a denti stretti e freme, ogni volta, in attesa del prossimo incontro.

Tutti possono ammaliare come Shahrazād, creare tensione e lasciare soffrire. Più è piccolo e lungo e complicato lo svelamento, maggiore sarà il risultato ottenuto. Un’operazione lenta, delicata ma terribile, come la tortura della goccia cinese.

Creare tensione vuol dire concedere a piccoli passi, far gustare il sapore della conquista e, contemporaneamente, esser sempre pronti a far caracollare. Sempre in modo diverso. Sempre in modo più complicato ed, insieme, più semplice. Senza regola e criterio alcuno. Come una marcia che fa un passo avanti e dieci indietro, poi dieci avanti ed uno indietro e così via, sempre in modo nuovo e terribilmente sorprendente.

La capacità di essere terribili torturatori fa sì che il gioco funzioni e prosegua sempre, senza stancarsi mai. Senza monotonia, soprattutto, che è sempre dietro l’angolo. Coltìvati e non accadrà. Sii sempre nuovo/a e non ti mancherà la capacità di far soffrire in modo diverso.

 

10. Non dare e non cercare certezze.

Alla fine, tocca il punto più difficile. Perché, basato su tutti i punti precedenti, il rapporto, in maniera più o meno garantita, proseguirà. Ed arriverà ad un punto in cui ci si starà bene dentro, ci si sentirà amati, accolti. Si giungerà ad un punto in cui quelle braccia – con tutto l’esser str***i possibile – faranno sentire a casa. Sarà, allora, naturale la ricerca di certezze ed il bisogno di iniziare a dare qualche certezza.

Nella vita, le cose si fanno o non si fanno per due motivi: o perché fanno piacere o perché fanno paura. E, sicuramente, se sei arrivato fino a questo punto della lettura, stai continuando a leggere o perché ti fa piacere o perché hai paura. Probabilmente, se lo stai leggendo con vero interesse, ti fa piacere sapere come agisce uno/a str***o/a ed hai, al contempo, paura di ricascare in una situazione del genere. Preferisci correre il rischio di essere carnefice.

Bene, questo punto fissa il limite della condizione. Dopotutto, se hai ben chiaro come fare, sai che sei un autarchico (punto 2) e che, comunque, sei un inseguitore pronto a cambiare (punto 7). Pertanto, non dare e non cercare certezze troppo presto: ti troverai incastrato e staccarsi sarà peggio di quanto credi (un  minimo di etica da str***i c’è sempre… o rischi di finire come Demetrio nelle prime battute del Sogno di una notte di mezza estate di William Shakespeare). Al contempo, non cercare dopo, molto dopo, di averne o darne. O, meglio, a quel punto devi sapere cosa vuoi fare. O il rapporto diventa serio (e, allora, niente più str****te) o cambi partner.

Hai paura che soffra? Hai paura di esser tu a soffrire? Ma a te che importa? A te non deve importare. Sono problemi e domande che devi tenere lontano, sono problemi e domande che lascerai fare agli altri. Qui, chi deve stare bene sei tu e quel che accade agli altri non ti deve toccare minimamente. Ricorda che tu sei il centro. Tu segui solo il tuo vantaggio.

 postilla

Una postilla.

Conclusi i dieci punti, ritengo giusto fare qualche riflessione sul «vivere da str***o/a». Sì, perché non è giusto limitarsi alla sola questione amorosa, ma capire che questo è un approccio alla vita da seguire con costanza giorno per giorno.

Lo/a str***o/a ha sempre, insaziabilmente, fame di vita. Fame di tutto, di conoscenza e benessere ed è questo che lo porta ad attaccare sempre, a cogliere con forza ogni aspetto di tutto ciò con cui si rapporta. Non si accontenta mai, vuole sempre di più, sempre di meglio. Mette al centro sé stesso, come ho scritto, ma ha sempre la smania di cambiare, di ottenere ogni volta un vantaggio migliore, più alto, più intenso.

Il vero problema è il sonno. Quello turbato, invaso da domande. Perché gli scrupoli, alla fine, salgono e davvero non fanno dormire. Però credo che, questo, sia più un problema da str***i naturali, da str***i che non hanno scelto di esserlo ma lo sono sempre stati. Sicuramente non è il tuo caso, non è il caso di te che leggi e ti senti pronto ad applicare tutte e dieci le mosse appena descritte: tu stai scegliendo liberamente di peggiorare te stesso e vincere in amore. E, pertanto, non avrai scrupoli. Parlo per esperienza: non c’è nessuno di più cattivo di un buono che diventa cattivo (e non è solo un modo di dire).

Fatti una domanda, però: ne vale la pena? Ne vale davvero la pena? Conosco chi, deluso, ha veramente lavorato su sé stesso al punto da trasformarsi. Dicendo basta all’essere vittima e diventando un terribile carnefice. Ne conosco uno in particolare e, siccome mi ricordavo com’era prima, gli ho chiesto a quattr’occhi se ne è valsa la pena e se si sente davvero bene con sé stesso. Non mi ha risposto ma ha lasciato intendere di no.

Io non so se ne vale la pena. Però ci sono situazioni, nella vita, che ti fanno desiderare che nulla possa più sfuggirti di mano. E che non vuoi ricascare nello stesso errore. Allora cominci davvero a cercare, indaghi sul come fare a non ritrovarti in quella situazione terribile che tanto ti ha fatto male. Allora chiedi, ti confronti, sperimenti. Poi ti capita di passare una serata a Salerno tra amici e, con un’amica cara, a cui vuoi un mondo di bene, inizi a scherzare sull’argomento… e finisci a fare sul serio, arrivando a fissare dei punti chiave. Siccome hai voglia di confrontarti, ne parli agli amici. Poi, siccome sei più fortunato, ti metti e scrivi (fin troppo). E finisci per pubblicarlo sul web.

La verità, diciamocela, è che le parole servono a poco. Così come articoli e articoli di Quello che gli uomini non dicono servono a poco: non dànno soluzioni, ma provocano. Ho sempre avuto solo l’intenzione di aiutarmi ed aiutare a dare un nome alle cose, in modo da avere un orizzonte più chiaro, piuttosto che fumoso ed impreciso. Non ho mai preteso nulla da ciò che scrivo. Nemmeno per me stesso.

Sia che si voglia seguire o non seguire questo decalogo sul come diventare uno/a str***o/a perfetto/a, le azioni importanti da ricordare sono sempre due. La prima è coltivare sé stessi. L’unica soluzione per migliorare (o peggiorare) è lavorare su di sé, nel bene o nel male. Se non ti prendi cura di te, allora non evolvi (o disevolvi). E se non cambi tu, allora non ti aspettare che il mondo intorno a te resti fermo a guardarti: le cose andranno avanti e tu non cambierai. Se non ti muovi, sappi che nessuno verrà a salvarti.

La seconda azione è fai, datti da fare, non aver paura di fare. Aggiungerei, scommetti su di te, ma non azzardare, mai. A meno che tu non sia in grado di sfuggire alla disfatta. Sii pronto a mettere sul piatto la tua vita con la coscienza che il gioco valga a candela (come Blaise Pascal rispetto all’esistenza di Dio, cfr. I pensieri n.233). Vale la pena provare ad essere felici: trova il coraggio e non smettere di farlo. Fa paura, lo so, pensare così. Soprattutto se non l’hai mai fatto. Ma, come ho scritto (e vissuto), davvero, per un «no», non è mai morto/a nessuno/a.

Qual è la mia idea? Che non vale la pena peggiorare sé stessi… ma è importante capire come si fa. Credo di aver imparato tantissimo dalle buone scelte fatte. Ma ho imparato ancora di più dalle pessime. E non ho voglia di smettere di imparare, anzi.

Quale che sia la volontà, capiamo che per cambiare (in meglio o in peggio) occorre mettersi, con umiltà, davanti ad uno specchio e chiedersi davvero: «chi sono io? Cosa voglio diventare?». Se c’è una cosa che apprezzo degli str***i la capacità di rinnovarsi, di riconoscere gli errori (senza ammetterli mai) e di provare a non commetterli di nuovo. Dovremmo impararlo tutti.

Che sia questo il mio augurio… che il nuovo anno ci conosca diversi, impegnati a cambiare quello che non ci piace. Che sia fatto, a torto o a ragione, per inseguire la felicità. Ricordando che, spesso, non è necessario cercarla lontano ma è più vicino di quanto si pensi.

Una cortesia, davvero: non diventare str***o/a, te lo chiedo con il cuore. Sii te stesso/a e non preoccuparti di farti accettare. Sii te stesso/a, senza paura e senza timori. Sei già la cosa migliore che tu possa essere. Abbi solo il coraggio di fare un passo più in là: la vita vera comincia appena fuori il nostro «guscio».

 

3

 Un doveroso grazie alla cara V.M. Sono sue la stragrande maggioranza delle intuizioni che hanno portato alla stesura del decalogo. Ti auguro tutta la felicità e l’amore possibile di questo mondo. ^_^

L'AUTORE
Giornalista atipico, ha iniziato a scrivere quando aveva 4 anni e non ha più smesso. Comunicatore per scelta, dirige e collabora con numerosi uffici stampa nazionali e non nega la sua passione vitale per il teatro e la radio.
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