VIDEO: South Park e il Razzismo che non c'è

30 Giugno 2012
Davide Di Lorenzo
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“razzismo s. m. [der. di razza, sull’esempio del fr. racisme]. – Ideologia, teoria e prassi politica e sociale fondata sull’arbitrario presupposto dell’esistenza di razze umane biologicamente e storicamente «superiori», destinate al comando, e di altre «inferiori», destinate alla sottomissione, e intesa, con discriminazioni e persecuzioni contro di queste, e persino con il genocidio, a conservare la «purezza» e ad assicurare il predominio assoluto della pretesa razza superiore”


cartman


Partiamo da qui, la definizione che il Treccani da della fattispecie.  Il razzismo è, dunque, un presupposto di superiorità, un’errata convinzione che il mondo sia diviso in razze e che alcune di esse siano intellettivamente, biologicamente o anche solo fisicamente inferiori. La categoria può essere facilmente estesa a sessismo, omofobia, classismo e ad ogni pregiudizio che dia per scontate determinate caratteristiche ad una categoria di persone (religiosa, professionale, etnica, linguistica, ecc…).

Oggigiorno noto che spesso si fa un uso, a mio parere, spropositato e fuori luogo del termine. Per spiegarvi cosa intendo vi racconterò una storiella, una semplice trama di una puntata della criticatissima serie animata statunitense “South Park”. I bambini della cittadina decidono di sfidarsi in una gara di slittino e per due volte di fila a vincere è la squadra del corpulento Eric Cartman. Token, il bimbo di colore del gruppo, in entrambe le occasioni perde le staffe e molesta psicologicamente Eric, insistendo con veemenza che abbiamo vinto la gara solo perché avevano un “grassone” in squadra che rendeva lo slittino più veloce. Cartman, a quel punto, esausto degli insulti e con i modi beceri da figlio unico viziato, colpisce Token in testa con un sasso, mandandolo all’ospedale. Apriti cielo! Le associazioni contro il razzismo si mobilitano all’istante e Cartman finisce in tribunale sommerso dalle accuse di razzismo che provengono da tutta l’opinione pubblica. I quattro piccoli protagonisti decidono allora di spiegare che colpire con un sasso in testa qualcuno che ti ha molestato, è si sbagliato, ma, non costituisce affatto un atto di razzismo, perché Cartman avrebbe lanciato quella pietra anche se Token fosse stato bianco, ebreo, cinese, biondo, adulto, pompiere, carpentiere, gioielliere o si fosse chiamato Pantaleo.

In soldoni, se qualcuno ci tritura i testicoli e noi reagiamo solo in base a questo, la fattispecie non costituisce un atto di razzismo solo in base al colore della pelle di chi ci ha molestato o che per un qualsiasi motivo abbiamo criticato. Rimane a quel punto biasimabile, semmai, il modo in cui lo abbiamo fatto, da giudicare in maniera avulsa, senza creare il paradosso del “razzismo inverso”. Ancor di più tale mentalità dovrebbe essere adottata in un mondo così istintivo e disincantato come quello del tifo calcistico, dove giornalisti da quattro soldi non vedono l’ora che si fischi un Balotelli (ovviamente antipatico alle tifoserie avversarie per il suo mix di forza e spocchiosità) o che un semi-analfabeta come Cassano risponda con un “frocio” ad una domanda, volontariamente postagli per sperare in una sua gaffe, prontamente  addobbata da nuova dimostrazione dell’omofobia presente nel mondo del calcio.


IL RAZZISMO E’ UN FENOMENO RADICATO, MA E’ UN ALTRA COSA!


Il razzismo è qualcosa di diverso ma purtroppo comunque fortemente radicato nelle mentalità comuni e a dimostrarlo vi è l’ampia presenza in parlamento di un partito dichiaratamente separatista, xenofobo e razzista come la Lega Nord. Cassano che dice “frocio” in modo goliardico (l’unico che conosce per comunicare) non può essere posto sullo stesso piano di persone che combattono perché dal Nord siano cacciati i “terroni” o per lasciare le barche dei migranti ad affondare al di fuori delle acque territoriali. Queste prese di posizione così confuse e logicamente sconnesse non combattono il razzismo, anzi, distolgono dalle sue reali manifestazioni, che ogni giorno hanno vita; da un Bus preso di prima mattina nel quale un 60enne rugoso cambia posto se a sedersi sul sedile al suo fianco è un senegalese, fino a quando un parlamentare entra in un treno armato di DDT per disinfettare i sedili sui quali erano sedute donne di colore. A preoccuparci deve essere la xenofobia spicciola da “ci rubano il lavoro”, che in un momento di crisi non fa che gonfiarsi ulteriormente, dando forza e radicando un razzismo difficilmente estirpabile, che infetta sempre più persone, auto-giustificate dall’alibi della crisi e della mancanza di lavoro, case e spazio per gli stranieri.


Vi lascio a South Park, sperando di avervi dato uno spunto di riflessione:


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Davide Di Lorenzo©

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