"Psico-setta" Arkeon: chieste 11 condanne per truffa e violenza privata

24 Aprile 2012
Cristiano Nesta
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Ieri mattina, il pm della Procura di Bari Francesco Bretone, ha chiesto 11 condanne con pene comprese tra i tre e un anno e sei mesi di reclusione al termine della requisitoria del processo in corso dinanzi al Tribunale di Bari sul “Metodo Arkeon”. Quella che la pubblica accusa ha definito una “psicosetta”, avrebbe utilizzato tecniche vagamente ispirate alle filosofie orientali del Reiki e in dieci anni sarebbe riuscita a raccogliere 10.000 adepti in tutta Italia e a truffare centinaia di persone, obbligandole a partecipare a costosi seminari e dicendo loro che sarebbero guarite da tumori, aids o infertilità, oppure da problemi spirituali.

Nell’indagine vengono contestati i reati di associazione per delinquere, truffa, esercizio abusivo della professione medica, violenza privata, maltrattamenti su minori e incapacità procurata da violenza. I fatti si riferiscono al periodo compreso tra il 1999 e il 2008.

Secondo Bretone, a capo dell’associazione criminale c’era Vito Carlo Moccia, sessantenne di Noicattaro (Bari), residente a Milano, che diceva di essere psicologo senza aver nessun titolo. Per Moccia il pm ha chiesto la condanna a tre anni di reclusione. La procura ha inoltre invocato la condanna a due anni e quattro mesi per gli imputati Antonio Turi, Francesco Antonio Morello, Gabriella Fabbri, Quirino Salerno, Isa Calabrese e Massimo Vavalle; e un anno e sei mesi per Francesco Ferrara, Grazia Bozzo, Piero Mazza e Francesco Locatelli. Pesanti anche le richieste di danni delle parti civili: l’Ordine degli psicologi di Bari ha chiesto un milione di euro (di cui 200.000 di provvisionale), il Cesap (Centro studi abusi psicologici) 250.000 euro (120.000 di provvisionale), tre vittime hanno avanzato richiesta di una provvisione di 100.000 euro ciascuna con liquidazione dei danni da definire in sede civile. Detto questo, è ora utile spiegare diverse cose per comprendere a pieno il caso.

Che cos’è il Reiki? – In sostanza il Reiki è una pratica spirituale usata come forma terapeutica alternativa per il trattamento dei malanni fisici, emozionale e mentali. Tuttavia, una sistematica revisione di una serie di studi clinici su tale pratica, condotta nel 1988, ha concluso che non c’è prova dell’efficacia del Reiki nel trattamento di qualsiasi condizione patologica. Secondo la tradizione fu Mikao Usui, nato in Giappone nel 1865, a sviluppare la pratica del Reiki affermando di avere ricevuto l’abilità di curare dopo tre settimane di digiuno e meditazione sul Monte Kurama. I praticanti di Reiki usano infatti un tecnica analoga alla “imposizione delle mani”, che, affermano, canalizza le energie terapeutiche. Nel Tempio Saihoji che si trova nel Distretto Suginami di Tokyo esiste un monumento commemorativo di Usui Sensei, costituito da un monolito collocato vicino alla tomba contenente le ceneri di Usui, della moglie e del figlio. Contiene iscrizioni firmate dal Signor Ushida che parlano della vita di Usui e di come i principi di Reiki provengano dagli scritti dell’imperatore Meiji. Il memoriale fu costruito pochi mesi dopo la morte di Usui e mantenuto fino ad oggi dalla Usui Shiki Reiki Ryoho Gakkai Giapponese. Il testo è il seguente: Colui che si dedica con impegno allo studio e alla meditazione e lavora instancabilmente per migliorare il corpo e la mente allo scopo di diventare una persona migliore è chiamato un uomo dalla grande anima. Coloro che utilizzano questo dono per scopi sociali, ovvero indicare la retta via a molte persone e operare per il bene comune, sono chiamati maestri. Usui era uno di questi maestri. Egli insegnò il Reiki Universale. Innumerevoli persone andarono da lui e gli chiesero di insegnare loro la grande via del Reiki.

Viene affermato dai praticanti di Reiki che ognuno di noi può acquisire la capacità di accedere a questa energia (iniziazione). Tutti, in pratica, possono essere iniziati al Reiki. La credenza di base è che l’energia scorrerà attraverso le mani del praticante. Alcuni insegnanti sottolineano l’importanza dell’intenzione (di sanare le ferite) del praticante in questo processo mentre altri affermano che l’energia è estratta dalla ferita del ricevente al fine di attivare il processo di guarigione. Andando oltre, la credenza fondamentale vuole che il Reiki sia un’energia intelligente che rende la diagnosi di un male non necessaria. Un secondo livello di insegnamento Reiki, che include un’ulteriore iniziazione, serve ad equipaggiare il praticante dei mezzi per “curare” a distanza. Questo metodo, dichiarano i sostenitori del Reiki, prevede l’uso di speciali simboli per creare una connessione temporanea tra il praticante ed il ricevente, a prescindere dalla ubicazione dei due soggetti, al fine di inviare l’energia Reiki. Si afferma inoltre che il Reiki non è vincolato a uno specifico punto nel tempo, ma può essere inviato nel passato o nel futuro. L’energia impiegata nelle terapie Reiki si dice discenda dall’Universo piuttosto che da energia personale del praticante e per questo è inesauribile (alcuni insegnamenti affermano che l’energia entrerebbe nel praticante attraverso un chakra per poi defluire attraverso le mani). Come conseguenza di questo, viene insegnato ai praticanti del metodo che essi possono curare se stessi attraverso il Reiki.

Il Reiki è altresì usato dai praticanti come medicina preventiva poiché, si afferma, l’energia stimola la cura prima ancora che ci sia un evidente sintomo del male. Altra conseguenza della semplicità del Reiki è che esso può essere insegnato ai bambini.

Alcuni insegnanti affermano che, in taluni livelli, se il ricevente non vuole essere curato, l’energia non scorrerà. Gli aderenti descrivono il Reiki come una terapia olistica che, come detto inizialmente, cura malesseri fisici, mentali, emozionali e spirituali. Si afferma poi che la guarigione può interessare parte o tutti questi aspetti in un singolo trattamento senza alcuna necessità conscia di direzionare l’energia sia da parte del praticante sia da parte del ricevente.

Il Reiki secondo chi lo pratica avrebbe l’effetto di migliorare i risultati del trattamento medico globale, agendo in modo da ridurre gli effetti collaterali di eventuali farmaci, ridurre il tempo del trattamento, ridurre o eliminare il dolore, ridurre lo sforzo e contribuire ad aumentare un senso generale di ottimismo, che gioverà alla cura nel suo complesso.

Il Reiki, inoltre, secondo i sostenitori, può essere abbinato alla medicina tradizionale così come altre medicine alternative che tengono in considerazione la salute della persona da un punto di vista olistico quali Omeopatia, i Fiori di Bach, Aromaterapia, Aurasoma, Medicina Ayurvedica e Fitoterapia, e con la Cristalloterapia.

Secondo gli estimatori, essendo il Reiki un’energia intelligente, non ci sono controindicazioni: il Reiki sa come deve agire, quindi non può causare danni.

Al contrario, alcune testimonianze riportano che in talune persone il Reiki induce soggezione psicologica poiché può portare a ritenere che possa risolvere qualsiasi problema, fino a fare trascurare le terapie tradizionali, di dimostrata efficacia, curando ogni male (o affrontando ogni situazione della vita) con tale disciplina. Inoltre, il Maestro a cui ci si affida può far leva sul grado di influenza che ha sugli adepti per strutturare forme di condizionamento del tutto simili a quelle presenti all’interno delle sette.

Più in generale, del Reiki si contesta la completa mancanza di valenza scientifica: non sono disponibili studi scientifici seri (studi controllati “in cieco”, pubblicati su riviste autorevoli che ne garantiscano la serietà); inoltre, le spiegazioni fornite, basate su squilibri energetici, energia cosmica, canali energetici e così via, pur comuni nel campo delle medicine alternative, sono completamente estranee alla scienza moderna, e si collegano piuttosto a concezioni magiche.

Si afferma che il Reiki, mancando di ogni fondamento scientifico, deve i suoi eventuali (e comunque non dimostrati) benefici all’effetto placebo.

Altra tesi sostenuta dagli scettici è che il Reiki non sarebbe altro che una terapia per stare bene con sé stessi, non aspettandosi il praticante alcun significativo effetto di guarigione da alcunché.

In definitiva la possibile pericolosità del trattamento Reiki è simile a quella di molte altre forme di medicina alternativa: spingere il praticante ad abbandonare forme di cura scientifiche per privilegiare forme di cura alternative prive di alcuna prova scientifica.

Il listino prezzi – Sebbene non vi sia un listino prezzi condiviso da tutti gli insegnanti, i costi medi sono:

– Primo livello: 200,00 euro

– Secondo livello: tra i 350,00 e i 600,00 euro

– Terzo livello: tra i 3.000,00 e 10.000,00 euro

Oltre i livelli, ad essere pagati sono anche i singoli trattamenti terapeutici, poiché si afferma che il Reiki va pagato come ogni strumento prezioso.

Alcuni insegnanti affermano tuttavia che non ci deve essere una stretta correlazione tra Reiki e denaro cioè si afferma che “un buon insegnante è colui che adotta il buon senso, ed è principalmente consapevole dei suoi limiti umani e delle sue insicurezze, si farà sicuramente pagare cifre ragionevoli che gli permettano di fare una vita dignitosa, senza mai eccedere nelle richieste e ti darà anche un buon insegnamento in quanto sarà frutto della sua vera esperienza evolutiva”. Questo, non sembra essere il caso di Arkeon. Di fatti, per partecipare ai seminari del Maestro Moccia, il costo minimo si aggirava sui 260 euro e arrivava, a mano a mano che si passava di livello, fino ai 15.000 euro.

Si afferma che alcuni adepti abbiano pagato cifre che si aggirano attorno ai 100.000 euro. Una coppia del Nord Italia che cercava di risolvere la propria crisi matrimoniale ha detto alla polizia di avere pagato tale cifra, così come una donna che credeva di aver subito violenza sessuale nel passato.

Esperienze dirette – Carmine Gazzanni, co-autore del blog Esperienze dierette arkeon, ha intervistato una “fuoriuscita” dalla setta e noi prontamente riportiamo il suo intervento:

Arkeon nasce nel 1999 e, da lì, comincia ad espandersi a macchia d’olio. Non solo in Puglia, ma in tutta Italia, come ci conferma la fuoriuscita con cui Infiltrato.it è riuscito a mettersi in contatto. Un proselitismo ad ampio raggio tramite cui numerosi adepti sono caduti nella rete di Arkeon. Soprattutto per quanto veniva propagandato: la capacità di compiere veri e propri miracoli. “Pensi di poter risolvere ogni problema e di sconfiggere anche la malattia”, ci dice il nostro contatto. Insomma, con Arkeon diventi un dio sulla Terra. A patto, però, che rompi i rapporti con i tuoi genitori, con la tua famiglia e con i tuoi amici (leggerete di falsi abusi sessuali che venivano fatti ricordare agli adepti, sebbene non fossero mai capitati. Un bel modo per far tagliare i ponti con i propri familiari). Ma, come ogni setta che si rispetti, la felicità, la serenità, la realizzazione personale sono solo facce di una stessa falsa medaglia. Il vero volto di Arkeon è violenza, è maltrattamento finanche sui bambini, è calunnia, è minacce, intimidazioni, sfruttamento. Con un solo fine da raggiungere: fare cassa. Anche se questo, molto spesso, significa distruggere la vita di uomo, di una donna, della propria famiglia.

La storia che ci si racconta è una di quelle da leggere attentamente. Con devozione, verrebbe da dire. È una di quelle storie rivelatrici, che aiutano a riflettere, che aiutano a capire la realtà di un fenomeno troppe volte sottovalutato e non tenuto in giusto conto. Le risposte che ci sono state date, infatti, non soltanto hanno il sapore amaro, arido quasi, di un’esperienza che sconvolge. Nelle parole che abbiamo sentito e che voi potrete leggere c’è anche la viva speranza, il desiderio ardente che qualcosa possa cambiare in futuro, che il dramma subìto possa essere da esempio per altri. E possa essere da esempio affinché le istituzioni prima e la società civile poi prendano coscienza di un fenomeno ormai dilagante. “Spero non sia solo un sogno…”, ci dice al termine dell’intervista. Ci uniamo anche noi a questa speranza. D’altronde un proverbio sudamericano recita: “se uno sogna da solo, il suo rimane un sogno. Ma se sogna insieme agli altri, il suo è già l’inizio della realtà”.

Quando è entrata in Arkeon?

Nella prima metà degli anni duemila, l’ultimo periodo di attività del gruppo.

E com’è entrata nel gruppo?

Sono stata portata ad una riunione da un mio familiare che era già dentro.

Uno dei caratteri comuni alle sette è la chiusura con l’esterno. Quando lei è entrata è cambiato il rapporto con i suoi familiari e i suoi amici?

Completamente. Arkeon ha subito dato un’interpretazione della relazione con la mia famiglia come negativa per la mia crescita accusandola anche di abusi nei miei confronti, che dovevo affrontare per poter essere felice e riappropriarmi della mia vita. E lo faceva con tutti: agli uomini ad esempio si diceva spesso che le madri impedivano la loro crescita per poter continuare a tenerli morbosamente legati a loro, poiché c’era un’energia sessuale che portava le madri stesse a vederli come propri partner e non come figli; a donne ed uomini si inducevano dubbi sul fatto di essere stati violentati dal padre o da uno zio, spesso e volentieri da un pedofilo della famiglia della madre. Questo perché c’era una teoria sulle perversioni della madre che poi riversava nel far abusare la propria figlia consegnandola ad un altro uomo della sua famiglia, il pedofilo appunto. In questo modo eri disgregata e arrivavi a dubitare di tutto: tutto quello che era la vita prima di Arkeon era sbagliato, famiglia, amici, lavoro, scelte di vita. Se non eri ricco e famoso era perché avevi dei processi da risolvere che erano determinati dall’influenza negativa della famiglia dalla quale dovevi staccarti, a meno che i tuoi parenti non entrassero anche loro nel gruppo per seguire il maestro.

Chiaramente tutto falso, tutto indotto.

Certo. Tutti i problemi erano riconducibili a questi fantomatici abusi. Se non avevi relazioni soddisfacenti, non eri fidanzata o sposata, non avevi una famiglia felice, era perché dovevi risolvere questo tipo di problemi causati dalla tua famiglia, che veniva distrutta ai tuoi occhi: chiaramente, avere il dubbio che tua madre abbia acconsentito a farti abusare sessualmente da qualcuno oppure farti dubitare della purezza dell’amore di un padre, o di tutte le altre persone che non frequentavano il gruppo, era scioccante. Per queste ragioni nel periodo in cui sono rimasta nel gruppo mi sono completamente allontanata dalla mia famiglia e dai miei amici: chi era fuori dal gruppo non era da frequentare.

Qual è il credo, la “professione di fede” che viene inculcata in Arkeon?

Diciamo che la professione di fede oggi la vedo come un delirio, un delirio di onnipotenza: hai il potere di cambiare la tua vita, gli eventi, anche quelli che non sono controllabili dall’uomo. Hai la sensazione di scoprire un altro mondo, rivoluzioni tutte le tue convinzioni, pensi di poter risolvere ogni problema e di sconfiggere anche la malattia. Diventi immune da tutto ciò che di negativo può capitare, se sei centrato non hai niente da temere: non ti ammali o guarisci anche da malattie gravi. Puoi fare il trattamento con le mani al cibo per purificarlo o all’antibiotico per evitare che ti faccia male allo stomaco. Tracciando nell’aria il terzo simbolo, con la mente, pensi di trovare parcheggio o di poter condizionare l’esito di un colloquio di lavoro. In pratica influenzando gli eventi, questi possono andare come hai deciso tu. Senza Arkeon, non hai il controllo della tua vita, sei condannato ad essere infelice, sei uno sfigato, un fallito. Con Arkeon pensi di poter diventare potente, centrato, sei un vincente e hai la soluzione di tutti i tuoi problemi: economici, sentimentali, lavorativi.

Potere personale, dunque.

Si. Ai seminari intensivi veniva consegnato a ciascuno di noi un bastone per fare esercizi ispirati alle arti marziali, il boken, e che tenevi sempre con te poiché rappresentava il simbolo del tuo potere personale.

Una religione decisamente particolare.

In Arkeon non c’è nulla di religioso: è impensabile credere di imporre le mani e risolvere qualsiasi tipo di problema tracciando i simboli del secondo livello. La nostra religione non dice che l’uomo può fare questo. Sì, nell’ultimo periodo ha cominciato a percorrere il filone religioso, per una facciata di spiritualità e di perbenismo, infatti c’erano anche dei preti che frequentavano il gruppo ed erano conosciuti tra tutti. L’ultimo giorno dell’intensivo, ad esempio, c’era la messa: ma se si pensa che il prete che celebrava (don Angelo De Simone, ndr) ha confessato al cerchio che aveva una relazione di tipo intima da tanti anni con due suore che circolavano nei nostri seminari, si può capire quanto di religioso ci fosse in Arkeon. Era, quello della religione, un argomento che dava credibilità ad Arkeon e chiaramente rassicurava anche noi che frequentavamo: nel momento in cui vedevi perfino preti e suore, ovviamente venivi rassicurato sul fatto che la strada che avevi scelto era giusta.

Torniamo alla “teoria del pedofilo”. Cosa avveniva, in concreto, durante queste sedute?

In pratica venivano inscenati dei lavori durante i quali si era portati a ricordare questo abuso subìto, anche se non era mai avvenuto, influenzati anche dal fatto che tutti quanti gli altri facevano la stessa cosa, tutti venivano incalzati per ricordare abusi legati al fratello, al padre, allo zio. Un giorno, ad esempio, c’era una mamma con una bambina e si diceva che la mamma era stata abusata dal nonno; il maestro dichiarò che solo se la mamma si fosse impegnata a fare il lavoro (frequentare il gruppo, ndr), la piccola non sarebbe stata abusata anche lei. E la stessa pressione l’ho subita io allo scopo che ricordassi gli abusi sessuali legati alla mia infanzia, che né mio padre né mia madre hanno mai messo in atto o permesso che accadessero.

E lì il rapporto genitoriale, in questo modo, si andava a frantumare.

Completamente e non solo quello con i genitori. Erano tutti da evitare: genitori, nonni, fratelli, zii…. Soprattutto i parenti dal lato della madre.

La dottoressa Tinelli, presidente del CeSAP, ci ha detto che tali sedute erano a forte impatto emotivo. Non a caso nel processo è in piedi anche l’accusa di violenza privata.

Si, è così. In lavori molto intensi volevi solo che la smettessero ma se ti rifiutavi venivi vessata, se scappavi venivi fermata, se ti divincolavi venivi bloccata, per continuare ad essere sottoposta a quel tormento che aveva come scopo quello di far emergere la rabbia nei confronti dei tuoi genitori o verso il tuo pedofilo. E nonostante urlassi e piangessi, mi stringevano, mi tenevano ferma, infierivano contro di me. Fisicamente e verbalmente. Con la complicità dei presenti: la cosa assurda è proprio questa, tutti trovano normale andare avanti e non sono solo i maestri, ma anche i semplici frequentatori partecipano attivamente e condividono lavori violenti e scioccanti.

Il leader di Arkeon è Vito Carlo Moccia. Lei l’ha conosciuto?

Si, l’ho conosciuto.

Che persona è? Come appariva in questi seminari?

Lui ha una personalità molto carismatica, appare molto sicuro di sé. Se sei in un momento di confusione o di fragilità, e incontri qualcuno che con assoluta certezza ti dice di conoscere le soluzioni per ogni aspetto della tua vita, la tentazione di aggrapparsi a questa illusione e di affidarti a questa persona è fortissima, specie se ti fa pensare di avere tutte le risposte o ti porta altri ad esempio come casi di “sfigati redenti” o “falliti guariti”. Qualsiasi problema tu abbia, il maestro sa a cosa è dovuto e ha per tutti la soluzione. Soluzione che poi è sempre la stessa, fare il percorso di Arkeon, in tutti i suoi livelli, con sempre più seminari, sempre più costosi.

E com’erano questi seminari?

Erano una miscela di lavori spalmati anche su più giorni (negli intensivi, ad esempio) con momenti drammatici e condivisioni pubbliche tenute nel cerchio, dove il maestro dà le sue indicazioni e direttive sul quello che è giusto che tu faccia nel tuo percorso. Anche questo è un punto fondamentale: poiché tali esercizi e confessioni si tenevano davanti a tutti, se eri criticato dal maestro eri esposto alla pubblica gogna. E quindi, se facevi resistenza o lo contrastavi, avevi tutti gli altri che ti davano addosso insieme a lui, dicendoti che eri in processo e venendo giudicata pesantemente o emarginata. Una pressione psicologica terribile. Sembra incredibile, ma sentirsi dire che se non sei madre, se non riesci ad avere figli è perché in realtà non hai risolto i problemi che potresti risolvere con il percorso di Arkeon o che se fai un incidente, è colpa tua e lo puoi evitare, se solo vuoi, può mandare fuori di testa.

Una pressione psicologica distruttiva, praticamente.

Terribile, una pressione che ti annulla. Anche la stessa teoria del pedofilo, localizzato nella famiglia. Perché adoperano questa strategia? Non so, immagino che sia perché se ti separano dalle tue radici, ti rendono simile ad una barchetta di carta in balia delle onde, ti trovi allo sbando. Senza tutti i tuoi punti di riferimento, la tua famiglia, non hai altra scelta che attaccarti completamente al gruppo perché ti fanno dubitare di tutti i tuoi cari, che allontani e quindi ti ritrovi solo. Molti si sono allontanati dalla loro famiglia e dalla loro città perché gliel’ha suggerito il maestro.

Quindi anche lei ha interrotto proprio fisicamente il rapporto con i suoi genitori?

Per un periodo sì, finché sono stata nel gruppo.

Rotti i rapporti familiari diventa, dunque, difficile uscire da Arkeon.

Si, se sulla scia di questi lavori fai qualcosa che lesiona irrimediabilmente i rapporti, se vai a muovere accuse tremende ai tuoi parenti è poi difficile uscire e tornare indietro. Conosco persone che sono state in Arkeon per anni e non hanno più rivolto parola ai familiari ma ne sono faticosamente uscite, altre che sono ancora lì, persone che hanno tirato dentro altri membri della loro famiglia, i quali hanno inizialmente acconsentito solo per non perdere definitivamente i contatti… o ancora persone che, nel momento in cui hanno cominciato a manifestare critiche ai maestri e hanno iniziato ad allontanarsi, sono state pressate, vessate o addirittura minacciate.

Abbiamo visto che alcune delle sette attive in Italia si organizzano in vere e proprie comunità. In Arkeon come ci si organizzava?

La gente non viveva assieme, però si tenevano seminari durante i quali per quattro – cinque giorni si dormiva anche assieme e si affrontavano varie tematiche. C’era il seminario sul denaro, durante il quale si arrivava ad andare a chiedere l’elemosina vestita da barbone. C’era il seminario sulla morte, durante il quale si costruiva la propria tomba… ho conosciuto gente che ha frequentato e ha raccontato che ci si seppelliva. Questo per far capire dove arriva il condizionamento. A parte i seminari residenziali, si viveva ognuno a casa propria. C’è da tener presente, come dicevo prima, che qualcuno si è trasferito nella città del maestro per stare più a stretto contatto con lui.

Nell’inchiesta abbiamo visto che dietro la promessa di un Eldorado a portata di mano, in realtà il vero fine delle sette è squisitamente economico. Si può dire lo stesso anche di Arkeon?

Si, di sicuro. Il percorso è molto costoso e man mano che si va avanti lo è sempre di più (e poi non avevamo la ricevuta a tutti i seminari). C’è gente che ha speso tantissimi soldi: ventimila, trentamila euro e anche di più… è circolata voce di una coppia che ha speso fino a centomila euro. Per non parlare, poi, di quello che costa l’adesione in termini di cure: più di qualcuno dopo che è uscito, ha dovuto chiedere un supporto psicologico… Anche io.

Come sappiamo, oggi i maestri di Arkeon sono sottoprocesso a Bari (senza dimenticare la condanna in primo grado per uno dei maestri per violenza sessuale). Tra i reati contestati c’è anche quello di maltrattamento sui minori.

Si. Basti pensare all’esempio di cui abbiamo parlato prima: c’era questa bambina che ha assistito a tutte le condivisioni, le cose realizzate in Arkeon. Molte di queste condivisioni riguardano argomenti di natura sessuale… quello che accadeva è talmente pesante per un adulto, figuriamoci per un minore. (del resto nell’ultima udienza del processo diversi testimoni hanno confermato che anche bambini di dieci – dodici anni partecipavano a queste confessioni pubbliche a sfondo sessuale, ndr).

Com’è riuscita ad uscire?

Mi sono resa conto che quello che stavo subendo era tremendo e distruttivo da un punto di vista psichico ed emotivo. Una volta uscita, hanno cercato di mettermi contro gli affetti che avevo all’interno e sono stata oggetto di continue pressioni prima per rientrare nel gruppo, che era la condizione per poter ricominciare a frequentarli, e poi affinché io venissi emarginata e non condividessi con altri i dubbi circa quello che accadeva lì dentro. Ne ho subite di ogni tipo, tra vessazioni e intimidazioni. Ci sono state persone che una volta davanti alle autorità, hanno ritrattato la loro posizione perché temevano di non poter più rivedere loro i figli.

Tutti i fuoriusciti con cui abbiamo avuto modo di parlare erano accomunati dal fatto che scrollarsi di dosso un’esperienza del genere è molto dura. È come un marchio.

Infatti, è molto dura. Gli strascichi sono molto pesanti. Quell’esperienza non va via così, hai bisogno di un supporto anche psicologico per far fronte a tutto questo. C’ho messo tempo e non ancora ne sono completamente fuori.

Chiudiamo con uno sguardo positivo e propositivo per il futuro. Qual è, oggi, il suo desiderio?

Mi ha talmente traumatizzato questa esperienza che vorrei, innanzitutto, che non capitasse a nessun altro. Mi piacerebbe laurearmi in psicologia e fondare un centro di accoglienza, anche con possibilità di alloggio, per chi è uscito da un gruppo distruttivo o per chi ha parenti e amici che si sono persi dietro a qualche santone e non sa cosa fare. Se chi supera questa esperienza vince la vergogna e la paura del giudizio, può metterla al servizio di altri e darle un senso, altrimenti si che ci si sente falliti per aver creduto in un mondo di illusioni. Ma anche polizia e carabinieri, oltre ai magistrati, devono studiare e specializzarsi sulle psicosette, è un fenomeno insidioso e solo se sono sufficientemente preparati possono riconoscere ed accogliere adeguatamente chi decide di raccontare cosa gli è accaduto. Spero non sia solo un sogno…

Parola agli indagati – Nonostante l’intervista della “fuoriuscita” risulti sconcertante, è utile ascoltare anche le testimonianze degli indagati, in primis, quella del presunto Maestro e fondatore Vito Carlo Moccia. Per rendere il quadro generale il più comprensibile possibile e per dare voce anche alle altre “campane”. Ci sono infatti molti blog che insistono ad asserire che esista un’altra verità, lontana da quella verità che chiamano “mediatica”. Su veritasuarkeon.org, nella Home Page, si legge quanto segue: Dopo anni di attacchi, calunnie e accuse, sopportati in silenzio e nell’attesa che la verità su Arkeon si facesse strada da sola, ho finalmente deciso di uscire allo scoperto.

Ho commissionato la realizzazione di questo sito – basato su documenti esistenti e testimonianze tratte da inchieste giornalistiche attualmente in corso – per ripristinare, finalmente, la verità su Arkeon: cos’è veramente, da dove proviene e come si è tristemente interrotta questa esperienza.

La mia intenzione non è quella di “rifondare” l’associazione: questo sito vuole essere un contributo per affermare la verità e la completezza di informazione, ma anche uno spazio, un “luogo sicuro” dove chi ha qualcosa da dire o precisare, può farlo senza temere di essere tacciato – come spesso è accaduto in passato – di essere vittima di una psicosetta, o peggio ancora un “carnefice” che ne ha fatto parte. Ho messo in conto il possibile sequestro di questi materiali: l’intero percorso giudiziario della vicenda Arkeon – a detta di professionisti ben più preparati di me – è costellato di abusi, forzature e iniziative poco limpide e vessatorie. Non ho paura dei rischi ulteriori che potrei correre: questa iniziativa è per me il modo di onorare il debito morale verso tutti coloro che hanno patito sofferenze per il solo fatto di aver partecipato ad un percorso di crescita personale.

A voi quindi il mio personale benvenuto, e il mio invito a contribuire al ripristino della verità, per chiunque avesse desiderio di farlo.

Con affetto,

Vito Carlo Moccia

Queste parole sono chiaramente antecedenti il processo di ieri, ma è interessante leggere alcune sezioni del sito dedicate ad Arkeon. Per esempio nella categoria “Arkeon era una setta?” troviamo riportato l’articolo del 10 novembre 2011 riportato dal Quotidiano di Bari pubblicato a seguito della testimonianza al processo Arkeon, della Dott.ssa Raffaella Di Marzio: Arkeon, non dimostrava – a suo dire – alcuna delle caratteristiche tipiche di una pericolosa setta. Lecito quindi chiedersi: a cosa è dovuto l’accanimento mediatico e giudiziario verso Vito Carlo Moccia e gli altri maestri?

A riguardo proprio Moccia scrive: «Per la sua obiettiva analisi accademica sul fenomeno di Arkeon, Raffaella Di Marzio è stata addirittura inquisita come “complice” di terribili abusi, indagine poi archiviata per assoluta inconsistenza. Con un linguaggio asciutto, tipico di chi affronta uno studio scientifico, la Prof. Di Marzio racconta la propria esperienza e le conclusioni cui è giunta sull’Associazione…».

«Su Arkeon – continua il “Maestro” – si sono pronunciati negli anni diversi studiosi ed enti di chiara ed indiscussa fama: in questa relazione del 2008, firmata dallo psichiatra Alessandro Meluzzi e dalla Dottoressa Silvia Pecorara, si analizza il metodo formativo di Arkeon, escludendo categoricamente in esso forme paragonabili a esercizi indebiti di professione medica, psicologica o psichiatrica, e definendolo come un innocuo metodo di formazione continua e di miglioramento personale. Interessante anche il memoriale di Padre Angelo De Simone (già citato come vi ricorderete dalla “fuoriuscita”), scritto a seguito degli attacchi mediatici ricevuti da Arkeon. Il sacerdote – continua Moccia – fa una carrellata su diversi aspetti e contenuti di Arkeon, e valida la qualità del percorso umano e spirituale, sottolineando come non confligga in alcun modo con le sensibilità confessionali degli aderenti».

Nella categoria “Cos’era Arkeon”, Moccia dice la sua sui fini e sulla vara natura di Arkeon. Noi, riportiamo quanto asserito dal “Maestro”:

COSA ERA VERAMENTE ARKEON (Parla Vito Carlo Moccia)

Le origini del percorso risalgono all’86-87, perché, diciamo, in una mia ricerca quello che io ho fatto è stato cercare di dare una risposta ai miei interrogativi e ai miei bisogni. Io ho incominciato a cercare tra diverse cose prima ufficiali poi anche alternative, per trovare una strada per risolvere una sorta di malessere interiore. E dopo aver sperimentato diverse strade ho incontrato il percorso che era Reiki. La strada che ho percorso è arrivata fino al terzo livello con Sinislay Furumoto e di là è iniziato poi il lavoro con dei seminari. La genesi è proprio basata sulla ricerca interiore, nell’ambito di questa ricerca praticamente mi sono trovato a fare dei seminari e poi dai seminari è nato questo movimento che poi è diventato “The Sacred Path”, dove l’asse centrale è l’insegnamento di Reiki, ma l’obbiettivo vero è permettere alle persone di incontrarsi e di scambiare esperienze e condividerle in uno spazio protetto dove nessuno potesse essere giudicato da nessun altro. Abbiamo lavorato sulle esperienze affettive, abbiamo lavorato un po’ anche per ristabilire la tradizione, ecco perché ad un certo momento, per non essere confusi con quello che era il mondo reiki, abbiamo deciso di cambiare questo nome in Arkeon. Arketipon significa forma ed eon è essenza e mettere insieme la forma con essenza cioè ciò che è dentro deve essere uguale a fuori.

Nel gruppo avveniva una cosa particolare: c’erano dei tempi di condivisione, qualcuno la chiama narrazione autobiografica e le persone palavano di se ovviamente senza che ci fossero confini o suggerimenti o altro per cui le persone erano libere veramente di condividere la propria esperienza. Per quanto riguarda i valori, erano quelli tradizionali quindi: il culto della famiglia, onorare la propria identità, la riconnessione con le proprie radici quindi con le figure genitoriali. Tanti ragazzi che sono andati dopo anni di separazione dai propri padri e dalle proprie madri per riappacificarsi. Il ruolo del maestro era quello di accompagnare: il gruppo diventava autonomo rispetto a chi lo conduceva cioè, praticamente, è come se nel gruppo venivano fuori dei valori correttivi che apparteneva proprio al gruppo e dove non c’era la possibilità di creare condizionamenti o delle forme in cui la volontà del maestro diventata qualcosa di preminente, cioè la libertà era assolutamente rispettata, qualunque cosa fosse e le persone avevano la libertà di esprimere se stesse. Il primo livello diciamo era un punto di accesso, dove le presone arrivavano innanzitutto con una presentazione fatta il venerdì sera – ovviamente libera a tutti e gratuita – in cui c’era una condivisione da parte dei partecipanti. C’era gente nuova e ognuno faceva il giro di condivisione dove esprimeva la propria esperienza e condivideva qual era stato il proprio incontro con questo tipo di approccio, e quali erano stati i propri risultati, le proprie sfide, le proprie paure, i propri fallimenti anche. Il giorno dopo, cioè il primo giorno vero del seminario, il sabato mattina c’era questa cerimonia di apertura dove le persone entravano a contatto con una parte di sé che era quella proprio di condividere , però, questa cosa era preceduta da una piccolissima cerimonia che era: camminare tra gli altri ponendosi delle domande, e, ovviamente io nel mio ruolo di conduttore del gruppo portavo le persone verso queste domande. Poi partiva questa condivisione dove ognuno diceva quello che voleva e quindi il cerchio poi si chiudeva la sera, con la fine della condivisione.

Il secondo livello era uno spazio un po’ più profondo, dove si parlava di meccanismi della comunicazione. C’era sempre la condivisione all’interno del gruppo, c’era una cerimonia di iniziazione, c’erano dei simboli che venivano appresi secondo la tradizione del reiki, quindi delle cerimonie in cui io potevo per esempio rappresentare la mia vita con la danza o con qualsiasi altra cosa. Era molto semplice il secondo livello, davvero molto semplice.

Il terzo livello io l’ho spesso sconsigliato, anzi ho rimandato indietro delle persone che volevano fare il terzo livello: la mia richiesta personale rispetto a loro era quella di approfondire… Il terzo livello dura un paio di giorni. C’era questa iniziazione al terzo livello, e venivano poi insegnate le tecniche dell’iniziazione. Prima di accedere al terzo livello c’erano degli intensivi : c’era un pre-master dove l’invito costante al pre-master era di non percorrere questa strada , perché è una strada anche abbastanza dolorosa – se vogliamo – è chiaro che prima di offrire qualcosa ad altri, dal fuoco ci passa il maestro, colui che lo insegna e quindi la richiesta era quella di una totale integrità e pulizia nell’accettare il terzo livello.

Pian piano negli anni sono cresciuti, questi seminari, che abbiamo chiamato intensivi: uno di questi è “Spirit of the heart “, è l’intensivo di base… poi abbiamo fatto qualche seminario che si chiamava “The business of you”, sulla relazione con il denaro, dove si faceva quella famosa cerimonia dell’elemosina che in realtà era mettere in gioco se stessi e sperimentarsi in un qualcosa diciamo completamente nuovo ma che dietro raccoglie tantissime paure, come se le persone si confrontavano con la propria paura di perdere tutto. Era una partecipazione libera, e libera anche l’accettazione di fare questa cosa.

Poi c’era l’altro seminario che era “loving relationship training”, sulle relazioni affettive e alla fine nell’arco degli anni è venuto fuori questo seminario che a detto di molti era bellissimo, che era un seminario sulla morte: “I’m living honoring my death”, che significa io vivo onorando la mia morte, cioè nel punto di morte dì a te stesso, “guarda la tua vita e scriviti una lettera…” e venivano fuori delle cose bellissime!

I seminari erano frequentati innanzitutto da tanta gente, dalle più diverse categorie sociali: c’era l’operaio e c’era l’industriale, c’era il professionista, l’avvocato, il medico c’erano diversi psicologi. Diverse persone, ma erano persone che a un certo punto della propria ricerca hanno voluto provare anche questa… molte erano soddisfattissime del lavoro fatto con Arkeon, quelle che non erano soddisfatte se ne andavano via, frequentavano un seminario, ma nessuno le ha richiamate per dire, vieni… e, infatti, c’era gente che frequentava uno o due seminari poi scompariva per 5 anni e ricompariva, poi se ne faceva un altro, e poi ricompariva da capo. I seminari avevano un costo di 300 euro il primo e di circa 700 euro il secondo, per chi ripeteva c’era un costo di 100 euro, credo e questi erano i prezzi del primo e del secondo livello. Gli intensivi, quelli importanti come “The spirit of the heart costavano 1100 euro”, IVA inclusa, con 5 giorni di B&B compresi.

Arkeon non è una religione! Io sono fondamentalmente cattolico, e – anzi – conoscere di più l’essere umano attraverso veramente un incontro immediato del cuore, dell’anima mi ha permesso di riscoprire i valori del cattolicesimo e di ritornare proprio al percorso della fede. Però nel seminario c’erano mussulmani che sono rimasti mussulmani, persone che non hanno una fede e che non l’hanno ricevuta da Arkeon…

Il mio ruolo è un ruolo strano, perché io, ovviamente perché, il leader… chi è di arkeon? Sono io, ma in realtà è una leadership che io non mi sono mai riconosciuto completamente. Quello che succedeva è che è una leadership dall’esterno, e che io mettevo spesso in discussione: infatti tante persone mi dicevano “ma sei il maestro, mi dici…?” “E che ne so, io”, io non posso rispondere al tuo posto per cui le risposte ognuno le deve cercare dentro di sé.

Inoltre, nel blog ilcasoarkeon.wordpress.com si legge questo:

Arkeon è una psicosetta i cui vertici sono stati condannati e incarcerati per truffa, associazione a delinquere e violenze”.

Per chi non sappia cos’è stato Arkeon, questa è la verità su Arkeon. O quantomeno questa è la sola verità reperibile in rete, sulla stampa o dalla televisione.

Tuttavia questa verità è falsa. E’ quella che si chiama una “verità mediatica”. Creata su una parola (psicosetta) che probabilmente non avevate mai sentito e che dovrebbe spiegare il significato di un’altra parola (Arkeon) che continuate a non conoscere, ma rispetto alla quale avete ormai una fondata diffidenza. Una parola (psicosetta) talmente forte da cancellare la verità giudiziaria, che a distanza di due anni non ha prodotto alcun arresto o condanna semplicemente perché ancora non si è deciso se debba esserci alcun processo. Talmente forte da spingere tutti i media a riportare supinamente notizie di cronaca locale mai verificate da nessuno. Talmente forte da aver impedito che alcuna voce contraria potesse essere udita.

In effetti, una verità “virtuale”, se non per le molte persone colpevoli di aver partecipato a dei seminari di Arkeon e per questo sbattute in tv in prima serata, condannate da familiari ignari ma spaventati, isolati nelle scuole dei propri figli, minacciati con lettere anonime e taglio delle gomme, portate al collasso economico dagli avvocati e dalla perdita del lavoro.

Di fronte a tutto ciò alcune voci in questi anni si sono levate a porre domande e a mostrare alcune contraddizioni. Voci di persone di Arkeon che non hanno inteso farsi intimidire e che hanno voluto raccontare il sostegno, la forza, il rispetto e la profondità sperimentate in questo percorso. Ma anche voci di studiosi ed esperti del mondo antisette, preoccupati da quella che è stata definita una vera e propria “caccia alle streghe”. E che ha fatto parlare di un “Caso Arkeon” in cui – come ha detto qualche osservatore terzo – “chi mette il dito muore”.

Allora cos’è “il Caso Arkeon”? Un’incredibile quanto inconsistente caso mediatico-giudiziario scoppiato a metà del 2007 intorno ad un percorso di crescita individuale (Arkeon) nato in Italia nel corso degli anni ’90. Avviato dalle denunce di alcuni “ex”, che hanno portato all’oscuramento dei siti di Arkeon e all’apertura di indagini su 11 maestri di Arkeon, tra cui il fondatore. E al cui centro, accanto ad Arkeon, c’è il Cesap: una “discussa” associazione antisette di Bari che per prima ha raccolto tali denunce, che nella vicenda in questione ha agito come consulente del Tribunale di Bari e nello stesso tempo come pare lesa, e che ha l’onore di aver per prima introdotto in questa vicenda la parola chiave “psicosetta”.

A questo punto è bene chiarire un aspetto: questo non è un sito promozionale di Arkeon, i cui seminari sono stati interrotti immediatamente dopo la notizia dell’avvio delle indagini. Né l’interesse di chi scrive è di promuoverne la riapertura. E nemmeno l’intento è di santificare il percorso Arkeon, sul quale sicuramente si possono muovere critiche anche importanti, come ha fatto in più occasioni per primo chi scrive. L’obiettivo è solo poter tornare a raccontare la verità su una storia paradossale, quanto lo sono state altre in Italia prima della nostra, a partire dal caso Tortora, al caso Dimitri, al caso Rignano, al caso Brescia solo per fare gli esempi più eclatanti. Ciò che accomuna queste vicende non è tanto “l’errore giudiziario o investigativo”, quanto il singolare concorso di incompetenze, psicosi e interessi particolari nell’inventare una realtà inesistente e nel determinare una vera e propria persecuzione. Vogliamo raccontare quanto è avvenuto e quanto ancora sta avvenendo e forse avverrà, per amore della verità, per gratitudine verso un’esperienza che abbiamo visto sanare molte vite ferite e per i nostri figli e chi verrà dopo, perché non debbano continuare a fare i conti con simili follie.

Belle parole, ma a quanto pare un po’ datate. Già, perché come abbiamo visto, il processo c’è stato eccome e sono state richieste ben 11 condanne (per gli 11 maestri citati dal blogger). Di Arkeon ed in genere delle psicosette ha parlato il professor Francesco Bruno, criminologo e psichiatra. Questa l’intervista rilasciata dallo specialista a Bruno Volpe:

Professor Bruno, quali sono i danni che determina Arkeon?

Io ho avuto pazienti che hanno cercato cura da me, dopo la infausta esperienza di Arkeon e molti di loro hanno vissuto fatti traumatizzanti e violenti. Questa autentica setta si prefiggeva la cura di patologie psichiatriche attraverso la tattica della manipolazione delle coscienze finalizzata a fini di lucro, ovviamente non per gli associati, ma per chi la dirigeva. Certamente vi è l’esercizio abusivo della professione medica e arrivo a dire che i tarocchi e i maghi di strada sono molto meno dannosi di questi signori. I primi, indubbiamente ciarlatani, sono nella maggior parte dei casi, di scarso danno, costoro invece, traumatizzano le persone in modo talvolta irreversibile.

Possono essere definiti setta?

Hanno tutte le caratteristiche della setta. Mentre la psicoanalisi vera tende a liberare, Arkeon si prefiggeva in realtà di soggiogare le persone al dominio e alla volontà di una persona senza scrupoli.

Meraviglia il fatto che, secondo quanto accertato, abbia ottenuto parole di elogio da padre Cantalamessa?

Non so come abbia fatto e non saprei dire se per innocenza o altro, ma bisogna approfondire, perché è una cosa inquietante e credo che in Italia come Arkeon ve ne siano altre di sette, per esempio a Bari. La preghiera in sé stessa è una cosa buona e nobile e va incoraggiata. Ma se questa diventa non un fatto comunicativo, ma si trasforma in isolamento morboso, in integralismo settario, causa dipendenza, cose che avvengono, spiace dirlo, anche tra cattolici ed islamici. Tutte le forme aggregative che cercando la dipendenza e il numero chiuso sono tendenzialmente settarie, perché vogliono un isolamento al posto dell’apertura. Quest’Arkeon e i suoi guru meritano un giudizio attento, scrupoloso e severo per i danni arrecati.

Chiudiamo riportandovi un link in cui potrete visionare i seminari di Arkeon.

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