Case farmaceutiche: la verità sulle cavie umane nei paesi del terzo mondo
Che i costi della ricerca medica siano divenuti proibitivi con il passare degli anni sia negli Stati Uniti che in Europa, non è certo una novità e paradossalmente, sono sempre meno i fondi destinati a questo tipo di attività. Questo panorama tuttavia, non può giustificare, neppure minimamente la strada intrapresa dalle case farmaceutiche: per ovviare alla costante crescita dei costi della ricerca medica nei paesi cosiddetti di “prima fascia”, sempre più aziende farmaceutiche stanno conducendo esperimenti clinici nei paesi in via di sviluppo dove i controlli governativi risultano meno opprimenti e le spese molto più basse. Secondo Scott Carney del Counter Currents «l’India è il caso emblematico». «L’India – continua Carney – è stata il punto centrale della ricerca medica dal tempo in cui uomini con elmetti da esploratore e titoli accademici vi giunsero dalle scuole mediche europee per catalogare le malattie tropicali. I giorni del Raj sono passati da molto tempo, ma le corporations tendono sempre più alla globalizzazione, approfittando degli abili professionisti e della profonda povertà indiana per far diventare l’Asia del sud la più grande clinica di esperimenti medicinali.» Secondo il redattore capo dell’American Journal of Bioethics Sean Philpott, l’improvviso afflusso di aziende farmaceutiche in India sembra ricordare la corsa all’oro: «Non solo i costi di ricerca sono bassi, ma ci sono anche abili professionisti che si occupano di questi test. Nella corsa al raggiungimento del profitto, le aziende farmaceutiche non tengono conto di come la povertà possa minare il consenso del ceto colto. Spesso – conclude Philpott – gli individui sottoposti a questi esperimenti clinici non ne sono neanche messi al corrente, e un’offerta di 100 dollari può diventare così allettante da non far rendere conto loro di aver subito un’imposizione».
In India, i test farmaceutici effettuati dalle grandi aziende, hanno mietuto più di 1.700 vittime negli ultimi 4 anni (ben 700 l’anno scorso). Le stime provengono dal Ministero della Sanità Indiano, e sono state portate alla luce da un articolo emblematico del quotidiano berlinese Der Tagspiegel. Sono circa 1900 gli studi clinici portati avanti in India dalle compagnie occidentali, che coinvolgono 150.000 soggetti e per i quali esse spendono circa mezzo miliardo di euro all’anno.
«Molto spesso – spiega Andrea Degl’Innocenti de Il Cambiamento – i soggetti in questione provengono dalla fascia più povera della popolazione, sono analfabeti e non del tutto consapevoli di ciò che vano a fare e dei rischi che corrono; la loro dichiarazione di consenso è in molti casi firmata da terzi. Altre volte i pazienti sono consapevoli ma malati, quindi si sottopongono gratuitamente ai test pur di ottenere cure gratuite».
Uno degli aspetti più sinistri della vicenda riguarda gli indennizzi in caso di morte: mentre in Europa e negli Stati Uniti i rimborsi ai parenti delle vittime possono arrivare a milioni di dollari, in India non superano quasi mai i cinquemila dollari. Philipp Mimkes, portavoce della Coalizione contro i pericoli derivanti dalla Bayer (CBG Germania) ha affermato che «gli studi farmaceutici nei paesi poveri devono essere condotti secondo gli stessi standard dell’Europa o degli Stati Uniti e le vittime devono ricevere gli stessi livelli di indennizzo. Questo è l’unico modo per scoraggiare, studi economici e pericolosi».
È ancora una volta Degl’Innocenti a scovare e riportare uno studio condotto dal quotidiano britannico The Indipendent negli stati indiani di Madhya Pradesh, Andhra Pradesh e in Delhi, che evidenzia alcuni casi limite:
– Il reclutamento di centinaia di ragazze tribali, senza il consenso dei genitori per uno studio di immunizzazione sponsorizzato dalla Fondazione Bill e Melinda Gates Foundation con la complicità del governo locale. Diverse ragazze in seguito morirono. Lo studio è stato interrotto dalle autorità federali.
– L’utilizzo da parte delle imprese farmaceutiche dei sopravvissuti al disastro di Bophal – il peggior disastro mondiale relativo ai gas velenosi – come cavie in almeno 11 studi senza permessi adeguati.
– Il completamento da parte dei medici in un ospedale governativo di Indore, in India centrale, di decine di prove private che, secondo un’indagine della polizia “violavano le linee guida etiche”. I medici che hanno condotto le prove avevano stabilito che nessuno degli 81 casi in cui un partecipante aveva subito un effetto negativo era legato al trattamento.
Si tratta di casi in aperto contrasto con quanto stabilito dalla “Dichiarazione di Helsinki”, nella quale l’Associazione Medica Mondiale pone standard vincolanti per gli studi clinici. Al suo interno si legge: «Nella ricerca medica, la salute del singolo soggetto del test, deve avere la priorità su qualunque altro interesse».
Negli ultimi 4 anni, la casa tedesca Bayer ha ucciso 138 persone (vittime certificate). In un comunicato stampa diffuso da Coalizione contro i pericoli derivanti dalla Bayer si legge che «la Bayer conduce esperimenti su soggetti umani anche in altri paesi con ampie popolazioni povere, come la Colombia, il Pakistan, la Moldova, le Filippine e la Cina».
Chiudo con le parole di Chandra Gulhati, un medico in pensione che dal suo ufficio a Delhi da qualche anno sta raccogliendo dati sugli esperimenti nelle diverse regioni dell’India: «Gli indiani vengono sfruttati dalle società farmaceutiche che guadagnano milioni vendendo i medicinali in Occidente. Usano indiani analfabeti e poveri che non potranno mai permettersi queste medicine».
L’ennesimo scempio dei potenti. Come di consueto questi crimini efferati rimangono impuniti. L’unica cosa che possiamo fare è divulgare la verità, cosicché tutti possano sapere cosa accade realmente dall’altra parte del mondo.