Shanghai e i mercati del "falso"

13 Agosto 2014
Veronica Valli
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Qui abbiamo tutto quello che cerchi” dice un uomo attempato di una certa età dagli occhi a mandorla in un inglese incerto, rivolgendosi ad un turista che staziona davanti a un grosso edificio, una sorta di centro commerciale. “Borse? Orologi? Cosa cerchi? Tutte le marche, ti faccio un buon prezzo” insiste l’uomo. Pochi metri più avanti, sempre nei pressi dello stesso centro, ci sono altri asiatici che stanno rivolgendo le stesse domande a qualche altro passante. Per chi non è mai stato a Shanghai non è facile capire, di primo acchito, che si tratta di gente che tenta di smerciare merci contraffatte.

LA VIA DELLO SHOPPING – La Nanjing Lu West è considerata comunemente la strada più elegante di Shanghai, quella dello struscio, come si dice dalle nostre parti. Qui si trovano quasi tutti gli alberghi a cinque stelle della città, le catene di negozi o ristoranti internazionali e soprattutto i flagship store dei principali brand internazionali. A Nanjing della Cina “vera”, per così definirla, non c’è molto, complice naturalmente la sfrenata corsa all’occidentalizzazione. I posti veramente caratteristici si contano sulle dita di una mano, mentre abbondano i marchi di lusso, da Cartier a Rolex, passando per Dolce&Gabbana o Gucci e non si tratta di semplici negozi ma di palazzi o addirittura centri commerciali, mastodontici e ultramoderni, uno spettacolare inno al consumismo. E’ curioso osservare come in questi negozi ci sia molta gente ma poi a comprare sono in pochi. “I prodotti importati dall’occidente qui costano anche il triplo che da voi” spiega Cheng, giovane donna cinese che ha studiato in Europa e vive tra la Germania e Shanghai “non conviene mai comprarli qui in Cina. I cinesi che se lo possono permettere, preferiscono fare acquisti quando si trovano in Europa o America, è molto più conveniente”.

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IL PARADISO DEL TAROCCO – Ma se i prezzi dei brand di lusso qui sono ancora più inaccostabili, per chi desidera fare shopping di un certo livello c’è sempre una speranza. Basta solo accontentarsi. Al numero 580 dell’interminabile Nanjing, c’è l’ennesimo grande palazzo dedicato allo shopping. L’insegna colorata recita soltanto “Fenshine Market Fenxiang Clothing Gift” ma dal viavai che c’è all’ingresso si intuisce subito che non è soltanto un altro banale negozio. Il “Fenshine Market” è conosciuto dagli occidentali come “Fake Market”, ovvero il mercato del falso più conosciuto e fornito di Shanghai, regno della merce contraffatta. Non si fa neppure in tempo a varcarne la soglia che ci si imbatte in cinesi che cercano di abbordare gli occidentali – solo e soltanto loro – al grido di battaglia di “Louis Vuitton! Chanel!”, brandendo dei cartoncini con immagini di accessori firmati d’ogni tipo. Qui c’è davvero tutto quello che si cerca, naturalmente fasullo. Ognuno cerca di attirare clienti come può; c’è chi si affanna ad assicurare“Good price! good price!” (un buon prezzo) nel solito inglese un po’ stentato, oppure ci sono quelli che puntano all’approccio fisico, tirando letteralmente per le maniche il potenziale cliente.

SOLO PER OCCIDENTALI – Il Fake Market è composto da quattro piani, ognuno dei quali è un vero e proprio dedalo dove orientarsi non è sempre facile. Il primo approccio non è dei migliori: non ci sono praticamente finestre, la gente è molta e tra effluvi umani, di cibarie ma anche penetranti sentori provenienti da colle, plastica e pelle, l’aria è quasi irrespirabile. Anche il vociare è continuo, d’altronde si tratta sempre di un mercato e resistere più di un paio d’ore non è molto facile. I negozietti sono quasi tutti microscopici, sgabuzzini di pochi metri dove la merce è stipata fino all’inverosimile, tanto che bisogna far attenzione a come ci si muove. A seconda del piano, si può trovare un po’ di tutto: tecnologia, gioielli, abiti, accessori, ciarpame di ogni tipo; sono presenti tutti i brand più famosi, rigorosamente contraffatti. Quello che stupisce è che i frequentatori di questo negozio siano esclusivamente occidentali, soprattutto italiani, americani e francesi. I cinesi acquistano rarissimamente “tarocchi” perché hanno una politica tutta loro a riguardo: se hanno la disponibilità economica, preferiscono comprare prodotti originali, se invece non possono, propendono per i rifacimenti cinesi dei vari marchi. Esistono tantissimi “cloni” cinesi sul mercato e meriterebbero una storia a parte, anche solo per parlare dell’estro di quanti sono riusciti a riproporre un grande brand occidentale aggirando ogni problema di copyright.

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FALSI DI LUSSO – Sebbene possa sembrare magnifico riuscire a fare man bassa di accessori firmati con pochi euro, in posti del genere bisogna prestare la massima attenzione, perché la merce migliore spesso non è quella che si trova esposta. Se i commercianti intuiscono che un cliente è orientato verso un prodotto di qualità maggiore e soprattutto, è disposto a spendere qualche soldo in più, allora si può assistere alla “magia”. Tutti i piccoli negozi sono forniti di una parete a scomparsa, spesso addirittura dotata di una porta blindata, sempre nascosta ad arte sotto strati e strati di merce, dove vengono custodite le migliori riproduzioni dei vari prodotti. Per quanto siano ambienti angusti e un po’ claustrofobici, non bisogna avere alcuna paura di entrarci, perché sono assolutamente sicure. L’unica cosa a cui bisogna badare è il costo della merce, poiché, come in ogni mercato che si rispetti, tocca contrattare e anche a lungo. I venditori digitano il prezzo su una calcolatrice, che porgono al cliente chiedendo di fare la sua offerta, che chiamano “last price”, ultimo prezzo. Si può scendere anche a più di un terzo del prezzo di partenza, l’importante è essere determinati e anche fingere di voler andar via se è necessario, tanto perché raramente i commercianti si lasceranno scappare l’occasione di vendere, infatti spesso sono capaci di inseguire i clienti più tenaci fino a fuori pur di recuperarli. C’è da far attenzione anche alla moneta con cui si paga: non conviene quasi mai pagare in euro, dollari o altre valute straniere, il cambio offerto dai venditori è spesso vantaggioso, senza contare il rischio di ricevere dei renminbi falsi.

GIARDINI SEGRETI – Oltre alle porte a scomparsa, c’è un altro posto dove viene custodita la merce migliore. Può capitare che i rivenditori propongano di seguirli nei piani più alti dell’edificio, dove si trovano generalmente alcuni uffici di vario genere. Apparentemente può sembrare inquietante essere trasportati in angusti ascensori e trovarsi in ambienti alquanto lugubri, dove si snodano lunghi corridoi dall’aspetto asettico, che paiono vuoti nonostante affaccino su di essi le porte d’ingresso dei diversi uffici. L‘atmosfera da thriller b-movie è aumentata dal fatto che i commercianti intimano di parlare a bassa voce, di non tirare fuori cellulari o macchine fotografiche: qui più si passa inosservati, meglio è. Non viene neanche la voglia di chiedere il perché di tanta segretezza, non si sa mai dove si potrebbe andare a finire. Dietro all’ennesima porta blindata, che si apre con un codice numerico, si trova un altro tesoretto di prodotti fake. La qualità è decisamente più elevata rispetto a ciò che si trova ai piani inferiori, si tratta infatti di imitazioni davvero perfette, comprensive di certificato di garanzia, cofanetti e addirittura dust-bag. Chiaramente, anche in questo caso i costi sono più elevati e i venditori sono meno intenzionati a trattare troppo sul prezzo. Che la dicotomia cinese-falso sia oramai assodata è un dato di fatto ma in questo caso c’è una scuola di pensiero secondo cui quel che si trova all’interno di questi caveau è effettivamente merce originale, magari con qualche difetto di fabbricazione, che anziché venire eliminata viene smerciata per vie traverse, nel famoso “mercato parallelo”. Ma è solo una delle molte dicerie a riguardo perché nessuno sembra conoscere la verità o meglio, nessuno ha voglia di dirla, italiano o cinese che sia.

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I FAKE MARKETS – Per quanto sia il più rinomato, quello di Nanjing Lu non è l’unico Fake Market di Shanghai. In città ce ne sono altri quattro, cioè quello della Città Vecchia, quello di Pearl City, quello di Qipu Lu, che è l’unico a svilupparsi in più di un edificio e infine, quello sotterraneo nelle vicinanze del Museo della Scienza. La peculiarità di quest’ultimo, che si estende nei pressi della fermata della metropolitana, è che vi si possono trovare esposti numerosi cartelli in cui le autorità locali hanno elencato i marchi che è proibito contraffare, che sono naturalmente quelli che vengono venduti nei vari negozietti. I venditori non sembrano infatti curarsi di quell’avvertimento, di stare violando la legge e con ogni probabilità non se ne cura neppure la polizia, visto che capita sovente di vedere agenti di passaggio in zona, che appaiono completamente disinteressati a quel che accade. Tutto viene svolto urbi et orbi, senza paura alcuna.

FARE ACQUISTI – Non è un caso se spesso chi va a Shanghai ne approfitti per fare rifornimento di ogni tipo di mercanzia contraffatta, tant’è che su internet sono tantissimi i consigli – sempre al limite della legalità – su come contrattare, dove andare, che tipo di cose acquistare, quale brand viene imitato meglio di un altro. Non mancano neppure i fondamentali suggerimenti su come passare la dogana senza problemi; c’è chi caldeggia la sistemazione di tutti falsi nel bagaglio a mano, più difficile da controllare, oltre naturalmente a staccare ogni etichetta che possa suggerire che si tratti di qualcosa di appena acquistato e di indossare più roba possibile, anche a costo di rischiare l’effetto omino Michelin. Tutto pur di non rischiare di vedersi sequestrate le quattro Louis Vuitton tarocche o, se non peggio, di dover anche pagare una multa salata.

LA QUESTIONE DEL COPYRIGHT – Spesso si sente dire che l’origine della merce falsa è nel fatto che in Cina non esiste il concetto di Copyright. In realtà non è proprio così, perché da qualche tempo i tribunali cinesi sono diventati più sensibili alla questione nei confronti delle aziende straniere, che producendo una documentazione che provi inconfutabilmente la titolarità del copyright, adesso possono far valere i propri diritti. I cartelli governativi coi marchi che non si possono contraffare ne sono un’ulteriore riprova. “Non compro mai le cose al fake market” racconta ancora Cheng “So riconoscere quando un prodotto, soprattutto in pelle, è di buona qualità perché mio padre ha una fabbrica dove produce proprio pelletteria e so che quello che si trova in questi mercati è sempre scadente” continua, spiegando che “In genere, i cinesi non comprano quasi mai merce falsa, lo fanno soltanto gli occidentali”. Alla luce di questo, è facile intuire che i cinesi hanno bene a mente il concetto del copyright ed il valore di un prodotto vero rispetto ad un imitazione, perciò per deduzione, appare chiaro che la merce falsa viene prodotta a uso e consumo degli acquirenti occidentali. Senza andare a scomodare tematiche complesse come la legalità e i danni che la contraffazione arreca alle grandi aziende, ci sarebbe forse solo da interrogarsi sul perché i fake vengano pensati esclusivamente per l’Occidente, proprio da dove proviene la stragrande maggioranza dei prodotti originali.

 

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