Un pugile e la sua gente: in un film "dal basso" la storia di Lenny Bottai
Lenny Bottai i guanti li indossa dalla nascita e non li toglie mai. Se si scorre la sua biografia, dire che la sua vita è un ring, non suonerà banale. Pugile, classe ’77, all’esordio è un giovane irrequieto in una boxe governata dai burocrati. Nonostante il talento, paga il carattere ribelle e abbandona a vent’anni lo sport. Sale i gradoni dello stadio per trasformare il tifo della squadra della sua città. Livorno diventa la curva rossa, il cuore pulsante di un modo di fare il controcanto a un calcio che trasforma gli stadi in officine del potere. Un balzo in avanti il cui frastuono fa il giro del mondo, affascina e turba dentro e fuori il terreno di gioco, e alla fine è pagato collettivamente e personalmente.
Dopo anni di assenza dal ring, nonostante i tanti chili addosso, il richiamo della noble art si fa irresistibile guardando gli incontri delle Olimpiadi alla TV. Fa una scommessa con il local hero Igor Protti (indimenticato “10” amaranto), che resta incredulo nell’immaginarsi quel fedele e appesantito ultrà saltellare ancora tra le 16 corde. Ma succede. Tattica, strategia, abnegazione. E’ il maggio del 2005, 7 mesi dopo un tour de force di allenamenti che gli tolgono 30 chili di dosso, Lenny Bottai torna sul ring e vince. A febbraio dell’anno dopo fonda la scuola pugilistica Spes Fortitude, con un progetto di sport popolare che vuole radicarsi in una città che trascura da tempo la sua grande tradizione pugilistica. A bordo ring Igor Protti segue tutte le dieci vittorie del pugile livornese che rapidamente e senza incontri di passaggio, raggiunge il punteggio per combattere a torso nudo. Davanti a oltre mille spettatori nel febbraio del 2008 il ceko Gabris assaggia i colpi del neo professionista, che vince per Kot.
Il ragazzo irrequieto è un pugile dal sinistro micidiale che lavora su tutto il corpo dell’avversario, tatticamente saggio come non ti aspetti, tecnicamente impressionante che fa rabbia il tempo lasciato per strada. Un sanguigno che sa usare la testa e in pochi anni ottiene i combattimenti per i titoli e li conquista. Nel dicembre del 2009 batte il turco Turgay Uzun, ascoltando l’inno nazionale a testa bassa, e si prende la cintura internazionale IBO. Nel marzo del 2010, da sfavorito, mette al tappeto l’aretino Nicchi e diventa il nuovo campione italiano per poi arrivare al titolo IBF nel dicembre 2010 contro l’estone Sergey Melis. La storia continua con incontri viscerali preparati in una palestra “occupata” che fabbrica nuovi talenti e tiene le porte ben aperte a tutti, a chi può e a chi non potrebbe secondo le logiche commerciali che attanagliano oggi lo sport. Il 3 giugno 2012 Lenny corona una lunga amicizia con i musicisti del Teatro degli Orrori, diventando con la compagna Veronica Del Giovane, il protagonista del video-clip “Non vedo l’ora”, singolo estratto dall’ultimo album della band di Pierpaolo Capovilla.
Sembra la trama di un film? Lo sarà. Michele Lezza, giovane video-maker livornese da anni segue Lenny Bottai con la sua telecamera. Un’immagine dietro l’altra si è arrivati al docu-film “Le sedici corde”, storia di un campione popolare e della gente che gli sta al fianco. Per una persona che parla sempre al plurale, non poteva che esserci una produzione collettiva, e così come hanno fatto altri registi, Michele Lezza si è affidato al popolo della rete e cerca fondi per la conclusione del progetto attraverso “Produzioni dal basso”. Simbolo delle nuove comunità economiche, “Produzioni dal basso” è la piattaforma che utilizza il metodo di raccolta fondi e finanziamenti con la formula della sottoscrizione popolare. “Le riprese sono iniziate nel novembre 2009 – dice il regista – e terminate nell’aprile 2012. Attualmente il film è in fase di montaggio. L’uscita è prevista per novembre 2012. E’ un autoproduzione 99doc. Il finanziamento richiesto attraverso una formula che rappresenta lo spirito del progetto sarà utilizzato per coprire spese SIAE, diritti RAI e distribuzione”.