Perché piangiamo? La scienza del pianto emotivo silenzioso

4 Ottobre 2014
Redazione YOUng
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Perché è più facile prevenire un pianto che interromperne uno già in corso.  Questo ed altri bizzarri quesiti hanno trovato risposta nel saggio di Robert R. Provine :  Curious Behavior: Yawning, Laughing, Hiccupping, and Beyond un manuale di ricerca clinica sulla biologia, fisiologia e neuropsicologia dei nostri comportamenti corporei. 

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Il pianto in particolare, è una manifestazione squisitamente umana. Provine spiega: 

Da adulto si piange molto meno che da giovane e il pianto è più spesso sottomesso, fatto più di lacrime che di singhiozzi dell’infanzia.  Questo perchè il trauma che causa il pianto è ora più spesso emotivo che fisico. Tuttavia, che sia intenzionale o meno, che si tratti di un adulto o di bambino, piangere sollecita assistenza, che sia un aiuto fisico o un conforto emotivo. Paradossalmente, il tuo grido di aiuto da adulto riveste più un carattere privato rispetto alla rumorosa e teatrale performance dell’infanzia.  Il down-shifting verso un pianto controllato favorisce l’incontro di dialogo e di confronto intimo e permette all’adulto di scegliere dove e quando piangere, opzione del tutto inibita ai bambini.  


Per meglio illustrare la fisiologia del pianto, Provine lo mette a confronto con il riso, suo alter-ego e comportamento complementare. 

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Un pianto solitamente è un’espressione che si avvale di una serie di vocalizzazioni sostenute di circa un secondo l’una. Pensate al vagito di un bambino ( waaa.’) . Le grida si ripetono ad intervalli regolari che corrispondono approssimativamente alla durata del ciclo respiratorio. Una risata, invece, si avvale di esalazioni, come in ‘ha-ha-ha,’ in cui ogni sillaba (ah’) copre una durata di circa 1/15 secondi e si ripete ogni 1/5 secondo .

Una caratteristica curiosa che riso e pianto hanno in comune ( e che ogni essere umano può confermare in base alla propria esperienza : 

Piangere e ridere sono entrambi fenomeni perseveranti.  Non hanno un interruttore on-off ed in particolare per il pianto non c’è modo di fermarne uno già in corso. Come se lacrime chiamassero lacrime. Allo stesso modo, la risata provoca più risate, e a volte la risata è talmente inarrestabile da risultare resistente ad ogni tentativo di riprendere il contegno.  In realtà, il controllo volontario ha poco a che fare con l’avvio o l’arresto del pianto o del riso

La domanda è : se la vocalizzazione del pianto serve per invocare aiuto ( ed ha quindi la sua funzione evolutiva) , qual è allora lo scopo del pianto silenzioso? Un semplice e banale meccanismo di auto-pulizia e disinfezione dell’occhio? ( Le lacrime contengono l’enzima lisozima che combatte i batteri e pulisce gli occhi ). Provine è convinto debba esserci qualcosa di neurobiologicamente più rilevante nonché più interessante.  

NERVE GROWTH FACTOR

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Gli studi condotti fino ad oggi evidenziano una forte possibilità che le lacrime abbiano una funzione curativa: infatti la concentrazione di NGF ( la proteina scoperta da Rita Levi-Montalcini e che le ha valso il premio Nobel) presente nelle lacrime aumenta dopo una ferita alla cornea, suggerendo l’idea che l’NGF giochi un ruolo importante nella guarigione dell’occhio. Alcuni scienziati hanno ipotizzato che le lacrime ad alta concentrazione di NGF possano quindi avere anche un effetto antidepressivo: piangere non servirebbe soltanto a segnalare agli altri  il proprio stato d’animo, dunque, ma addirittura a modularlo. 

 DA AUTO-GUARIGIONE A RITUALE DI SOFFERENZA FISICA ED EMOTIVA?

L’NGF presente nelle lacrime oltre che agente curativo potrebbe giocare la funzione di neurotrofina, influenzando direttamente il circuito neurologico coinvolto nel pianto, aprendo così la strada a suggestivi approfondimenti scientifici. 

 

L'AUTORE
La redazione di YOUng
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