Euroscettici o Green?

29 Maggio 2014
Redazione YOUng
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La dinamica politica che illustravo nel mio articolo di ieri, relativa alla scelta che il M5S deve compiere per la sua collocazione in una famiglia europea, ha subito nelle ultime ore una decisa accelerazione. Bene così, la politica seria non aspetta i pigri e i sonnolenti.

Il dibattito in rete fra gli attivisti è intenso, serrato e si articola sulle tre opzioni che delineavo ieri:

1) La costituzione del gruppo degli euroscettici

2) La richiesta formale di adesione agli European Greens

3) Il modello Sicilia, nel quale il M5S sostiene di volta in volta i provvedimenti che ritiene più opportuni

Dal momento che la partita è davvero cruciale non solo per il M5S, ma anche per gli assetti europei, proviamo ad approfondire i pro ed i contro di ciascuna di queste opzioni, guardando agli effetti politici che avrebbero sul M5S, sulla sua fisionomia politica e culturale e sulla composizione della base sociale di attivisti, simpatizzanti ed elettori.

Il fronte euroscettico è in realtà, molto più variegato e contraddittorio di quanto non si creda. Una cosa cosa è l’euroscetticismo dell’UKIP di Farange, declinazione postmoderna dell’atavico isolazionismo britannico, segnato da un forte elitarismo tutto in chiave borghese, rispetto al quale i temi dell’equità sociale sono sostanzialmente periferici. Altra cosa è l’euroscetticismo del Front National di Marine LePen, figlio della grandeur francese, ma con una forte vocazione popolare e post-ideologica, saldamente connotato sulla questione sociale, sul contrasto ai poteri bancari e sulla fondazione di un’Europa dei popoli. Altro ancora è la Lega Nord, il cui euroscetticismo è di matrice piccolo-industriale, con  tratti di spiccato egoismo sociale e diverse ambiguità nei confronti della questione xenofoba. Ed un’altra cosa ancora è l’OEVP, che guarda piuttosto al modello rappresentato dalla confinante Svizzera, cioè ad una insula felix nel cuore dell’Europa, pienamente mitteleuropea ma senza i doveri connessi alla partecipazione alla Comunità dei Paesi e dei popoli d’Europa.

Inoltre l’attivismo penstastellato – soprattutto quello più militante e partecipe, quello che si sobbarca la presenza del movimento nei territori – è portatore di una cultura fortemente democratica e inclusiva. Non so quanti di loro sopporterebbero di condividere l’appartenenza europea con le frange più radicali del fronte euroscettico. E poi, ragazzi, non è una questione di destra o sinistra: è che Marine LePen e Farange (per dirne una) sono pro-nuke! Ma come si fa?

A ben vedere, infatti, in questo variegato fronte euroscettico la maggior parte dei temi cardine del M5S sono completamente assenti; anzi, le posizioni sono nettamente divergenti in materia di: sicurezza alimentare e contrasto agli OGM; ridimensionamento del ruolo delle multinazionali, a partire da big pharma e dai colossi della chimica agroalimentare che stanno sterminando gli impollinatori naturali in tutto il pianeta; superamento delle energie fossili e nucleari verso un modello energetico rinnovabile, auto-producibile e democratico; questione dei diritti degli animali non umani e del superamento della sperimentazione animale; reddito di cittadinanza come asse fondante di un nuovo welfare europeo; estensione massiva della democrazia digitale e tutela dei diritti di libertà di espressione e privacy in rete; riconversione ecologica ed HI-TECH dell’intero sistema produttivo; freno alla crescita globale insostenibile per il pianeta e tutti i viventi, uomini in primis.

Tutti temi, questi, che invece sono la core mission dei Verdi Europei.

Però oggi, sul blog di Beppe Grillo, è comparsa un’agenzia stampa che riporta le dichiarazioni del Grüne Jan Philipp Albrecht, europarlamentare tedesco appena riconfermato, che esclude categoricamente l’ingresso del M5S nei Greens. Questa dichiarazione ha – legittimamente – suscitato lo sconcerto ed il fastidio di moltissimi attivisti pentastellati. Ma come? I Greens fanno gli schizzinosi e rifiutano a priori l’ipotesi di ingresso del M5S, cioè di ben 17 eurodeputati che andrebbero a rafforzare in maniera consistente il gruppo parlamentare Verde? Soprattutto, rifiutano l’ingresso di una forza che ha nel suo DNA culturale prima ancora che politico i temi dell’ecologia sociale e dell’ambientalismo?

L’uscita di Albrecht è stata infelice ed improvvida, ma vale la pena di fare quattro rapide riflessioni:

1) Albrecht non parla a nome degli European Greens. È un eurodeputato del gruppo e nulla di più. Allo stato attuale, quindi, la sua posizione per quanto perentoria è espressa a titolo puramente personale, almeno fin quando (e se) sarà confermata ufficialmente dalla dirigenza degli EG.

2) È tutt’altro che peregrina l’ipotesi che una simile sparata sia stata “suggerita” dai Verdi italiani che hanno in Monica Frassoni l’attuale vice-presidente degli EG. I Verdi italiani, insignificanti dal punto di vista elettorale e politico, nonché pienamente invischiati nelle becere prassi politiciste all’italiana, temono come la peste l’ingresso di un M5S che diventerebbe il partito Green più grande e forte d’Europa, una vera e propria potenza di fuoco in grado di orientare in maniera decisiva molte scelte dell’europarlamento e di incrinare – assieme al GUE/NGL, ma anche ad altre famiglie europee su specifici passaggi – le larghe intese PPE/PSE/ALDE. Senza contare che un M5S Green completerebbe la saldatura fra politiche ecologiste europee e costellazione dell’associazionismo verde a livello nazionale ed internazionale (WWF, GreenPeace…). I Verdi italiani hanno paura di perdere quell’ultima briciola di minuscolo potere che hanno, invece dovrebbero essere entusiasti all’idea che qualcuno possa finalmente riuscire dove loro hanno sempre fallito: dare alla politica italiana una forte e decisa impronta ecologista.

3) La scelta degli EG è pienamente in linea col programma elettorale a cinque stelle. È quella che consente di ribaltare il tavolo dell’Europa, non di distruggerlo!

4) Il M5S non ha ancora avanzato una formale richiesta di adesione. E dovrebbe farlo, ovviamente se i suoi attivisti decidessero democraticamente in tal senso. Se non altro per “stanare” gli EG e costringerli ad assumere una posizione ufficiale, con tutte le responsabilità che essa comporta. Rifiutare ben 17 eurodeputati nel gruppo? Ma siamo scemi o cosa? Se i Greens decidessero in tal senso ciò vorrebbe dire solo una cosa: che non considerano l’Italia un Paese Europeo in senso pieno, e che quindi non avvertono il bisogno di una forte rappresentanza verde nel nostro paese. Forse non hanno tutti i torti – visto il triste spettacolo che l’Italia da quotidianamente di sé – ma a loro sta la possibilità di cambiare questa condizione desolante accogliendo a braccia aperte il M5S. Certo, Il movimento deve fare la sua parte e proporsi in maniera ufficiale e senza spocchia, seppur legittimata dalla parole di Albrecht. Si va in Europa per il bene comune, non per togliersi la soddisfazione di sfanculare qualche tedesco dalla lingua lunga!

Infine, come scrivevo già ieri, tra tutte le opzioni possibili, la più deleteria sarebbe quella di non scegliere, quella cioè di accomodarsi nell’europarlamento fra gli ignavi, convinti che le dinamiche europee ricalchino quelle italiane e che si possa da un lato limitarsi a votare o far votare i singoli provvedimenti con geometrie politiche variabili, e dall’altro prodursi nella forma di resistenza civile che vede quotidianamente impegnati i deputati a cinque stelle in Italia. No ragazzi, il Parlamento europeo non è un teatrino di pupazzi come quello italiano; lì le cose non funzionano così. A Bruxelles, in larga parte, contano i fatti, la preparazione tecnica e scientifica, la capacità di fare politica in maniera alta, di costruire accordi e non compromessi, di creare legami e non connivenze. Stare nell’europarlamento con 17 deputati non schierati equivale a non starci per niente.

Pensateci pentastellati, fatevi sentire. E se Beppe Grillo vuole andare da un’altra parte, fategli cambiare idea!

L'AUTORE
La redazione di YOUng
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