Nasa trova polvere di stelle

23 Agosto 2014
Aurora Scudieri
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polvere di stelle

La polvere di stelle non è solo una frase romantica presente in canzoni e poesie, ma esiste davvero. A trovarla è stata la sonda americana Stardust e, dopo lunghi esami gestiti da sette paesi diversi, le conclusioni sono state pubblicate sulla rivista Science.
La sonda della Nasa chiamata Stardust, proprio polvere di stelle, dal peso di 400 kg e lunga 1 metro e 70 lanciata in orbita il 7 febbraio 1999 infatti, aveva come missione quella di catturare la materia prodotta dalle comete e le particelle presenti nello spazio interstellare. Nel 2002 sfiora l’asteroïde Annefrank, e nel 2004 attraversa la coda della cometa Wild2.

Con una racchetta di 1 metro quadro formata da 132 cellule di 4 centimetri quadrati l’una, Stardust nel gennaio 2006 è riuscita a trasportare un corpo celeste. Dopo otto lunghi anni quiete cellule vengono studiate, nei loro piccoli granelli, grandi dei micron (un micron equivale ad un millesimo di millimetro). Sui 132 pezzetti 50, secondo gli studiosi, provenivano da marchingegni spazialimessi in orbita dall’uomo, come spiega il laboratorio Lawrence Berkley (California), dove sono stati esaminati i grani di polvere riportati da Stardust.

Tra tutte le particelle già studiate, 7 sembrano essere davvero polvere stellare. Secondo gli studiosi la polvere cosmica non rappresenta che un milionesimo del totale delle particelle ritrovate con una grande differenza tra esse per dimensione e componenti. Ce ne sarebbero, infatti, di molto piccole e di più grandi simili a fiocchi di neve.

“Il fatto che le due più grandi particelle contengano materiali cristallini, più precisamente dell’olivine, minerale prodotto dal magnesio, ferro e silicio, potrebbe indicare che i granelli provengano da dischi che gravitano intorno alle stelle e che sono stati alterati nel viaggio nello spazio interstellare” spiega Andrew Westphaln, fisico dell’università californiana di Berkeley. Questo studio promette di fornire informazioni importanti sull’origine dell’evoluzione della polvere di stelle.

E’ un gran bel lavoro – spiega Louis Le Sergeant di Hendecourt, astrochimico presso l’Istituto di astrofisica spaziale dell’università di Orsay. – La potenza tecnologica è davvero straordinaria dato che arriva a vedere a livello di un micron, è impressionante. Ma dire che queste scoperte rivoluzioneranno il livello attuale di conoscenza sul tema mi sembra esagerato”.

Tra gli autori dietro questo studio scientifico sulla polvere di stelle incredibilmente c’è anche un sito internet: 30714 Stardust@home dusters (30714 participanti) creato nel 2006 dai ricercatori di studi spaziali dell’università della California a Berkeley.
Occhio e cervello umano continuano ad essere più precisi di una macchina e così il sito propone a chi lo desidera di esaminare le sequenze di foto microscopiche realizzate a diverse profondità da Stardust. Migliaia di foto sono state pubblicate on line, foto nelle quali si intravvedono anche le traiettorie. Diversi granelli di stelle sono così stati riconosciuti ed individuati. Chi lo individua può dargli il proprio nome, come quella di un canadese che l’ha battezzata Orion, o una inglese che ha scelto per la sua il titolo di un poema di Robert Frost, Hyla Brook.

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