Michael Jackson: le carte dell'autopsia. Dipendenza da propofol fatale
La morte di Michael Jackson il 25 giugno 2009 alle 14:26 è stata provocata da una dipendenza e poteva essere impedita dal suo medico. Dopo molte autopsie, dopo tante ipotesi, quattro anni e due processi dopo altri segreti sulla vita e sulle ultime ore del Re del pop vengono svelati.
La prima autopsia sul corpo classificato con il codice 2009-04415 si svolse il giorno dopo, il 26 giugno del 2009, alle 10 del mattino presso un istituto medico-legale di Los Angeles, dove il Dottor Christopher Rogers, capo dei servizi di Medicina legale accertò che “Il defunto è un uomo nero di 50 anni che ha sofferto di un arresto respiratorio mentre era nel suo domicilio insieme al suo medico. Il giorno della sua morte il defunto ha avuto una disidratazione che gli ha impedito di prendere sonno e qualche ora più tardi ha spesso di respirare e non si è riusciti a rianimarlo”. Il Dott. Rogers accertò anche che “Il defunto prendeva molte medicine sotto prescrizione, come clonazépam, trazodone, diazépam, lorazépam e flomax”.
Solo a fine agosto 2009 le conclusioni di quella autopsia vengono rese pubbliche e sono molto ambigue. Si parla di intossicazione dovuta al propofol, un farmaco che si usa per l‘anestesia. Viene classificato dunque come omicidio nel fascicolo della polizia di Los Angeles.
Ad essere accusato è il suo medico curante, presente al momento del decesso. Il cardiologo Conrad Murray viene condannato a quattro anni di prigione per omicidio involontario.
Iniziano a girare on line le foto della camera da letto dove è morto Michael Jackson, una stanza in stile Louis XV piena di bottiglie di ossigeno e flaconi di medicinali tra cui proprio il propofol che ha provocato l’arresto respiratorio.
Queste foto vengono utilizzate come prova durante il nuovo processo che si svolge a fine aprile 2011. L’accusa della famiglia Jackson attacca il produttore dell’ultima tournée del cantante che si sarebbe svolta entro pochi mesi, la AEG, perchè avrebbe messo sotto pressione il Re del pop e avrebbe peccato di negligenza “”arruolando” il Dott.Murray per curarlo.
Nel corso del processo, i cui atti sono stati resi pubblici solo successivamente, è stata presentata l’ennesima autopsia nella quale si dice che Michael Jackson aveva “dei tatuaggi intorno agli occhi e al posto delle sopraciglia” e “un tatuaggio rosa sulle labbra” fatti per nascondere la vitiligine, malattia non contagiosa responsabile della degenerazione cutanea. Anche il cranio era pieno di tatuaggi e portava una parrucca per nascondere la sua calvizia. Ma il Re del pop soffriva anche di altre patologie: un polipo al colon, artrite e problemi alla prostata. Anche i suoi polmoni, analizzati con attenzione, hanno rilevato molte lesioni. “Dei risultati molto anomali che possono essere responsabili di crisi respiratorie e tosse cronica”, spiega il Dott. Richard Levy “Con tale problema polmonare sarebbe stato difficile per Michael Jackson stancarsi fisicamente in una tournée”. Il cantante avrebbe dunque potuto sostenere la tournée che stava per partire e che lo rivedeva sul palco dopo molti anni di assenza? Una cosa è certa, come sottolinea l’autopsia, nonostante i tanti malanni il Re del pop sarebbe vissuto a lungo se non gli fosse stata somministrata la dose letale di farmaci.
L’inchiesta ha dimostrato che il propofol somministrato a Michael Jackson era fuori dalle sue prescrizioni mediche normali e quindi qualcuno di interno glielo ha fornito: “Il propofol è una medicina molto sicura, viene subito eliminata dal corpo, ottima per la chirurgia ambulatoriale” spiega il Prof. François Chast, direttore della facoltà di Farmacia all’Università di Parigi “Ma può essere utilizzata solo in ambito ospedaliero con un monitoraggio cardio circolatorio”
Dall’inchiesta è risultato che il medicinale potrebbe essere stato utilizzato dal cantante per dormire meglio e distendersi, e che avrebbe potuto sviluppare in lui una dipendenza. Nel corso del processo è venuto fuori che il Dottor Murray, che si occupava da sei settimane anche dei problemi di insonnia di Michael Jackson, gli dava il propofol “ogni sera” e che il Re del pop lo definiva “il suo latte”, dal colore chiaro del farmaco. Essendo un medico, però, il Dottor Murray avrebbe dovuto preoccuparsi della dipendenza sviluppata dal cantante per un farmaco che non deve essere assolutamente consumato fuori da un ambito ospedaliero e prevenire così il suo decesso.