Questo triste mondo malato: Falloforie giapponesi
Se avete frequentato il liceo classico (ma anche se non lo avete frequentato) e avete passato le migliori ore di greco a ridacchiare sulle Falloforie, credendo che si trattasse di roba incredibile, è giunta l’ora di ricredervi. Nel mondo greco classico, queste feste erano delle celebrazioni in onore di Priapo e Dioniso dove si portavano in processione enormi falli di legno, una sorta di rito propiziatorio per favorire l’abbondanza del raccolto.
KANAMARA MATSURI – In un contesto e in un paese completamente diverso, al giorno d’oggi, questo tipo di celebrazione esiste ancora. Si chiama “Kanamara Matsuri”, si svolge nella città di Kawasaki, in Giappone nel mese di aprile e si tratta di una festa scintoista dedicata al “pene di acciaio”, simbolo di fertilità ma anche di protezione dalle malattie sessualmente trasmissibili, sebbene nell’occasione lo si preghi anche per avere fortuna in ambito lavorativo. La festa affonda le sue radici nel XVII quando, secondo la leggenda, un demone punì una ragazza della città che aveva rifiutato le sue avances, salvo poi venire scacciato da un grosso fallo in metallo creato appositamente da un fabbro. Il membro viene venerato nel tempio di Wakamiya Hachimangu, detto anche Kanamara Jinja, dove è da sempre conservato.
MODERNE FALLOFORIE – In occasione della festa, il fallo sacro viene portato in giro per la città e accompagnato da canti e balli propiziatori, nonché da carri allestiti con immancabili figure falliche ed allegoriche. Siccome si tratta di una celebrazione molto particolare, Kanamara Matusuri attira oramai persone non solo da tutto il Giappone ma anche da tutto il mondo, perché l’occasione di celebrare un pene è troppo assurda (nonché folkloristica) per non essere vista dal vivo, soprattutto per chi proviene da Paesi un po’ bigotti ma soprattutto perbenisti (ve lo immaginate un fallo in processione per via Toledo a Napoli?). Con l’occasione, poi, ci si può scattare foto vicino a riproduzioni in piccolo del fallo fatte in metallo o legno, o gustare senza sensi di colpa un lecca-lecca dall’inequivocabile forma.