Recensione: Into the storm
20 anni dopo Twister, arriva Into the storm per riprendere in mano le rendini della caccia ai tornadi.
Se siete ancora scossi da pietre miliari dell’imbarazzo come Sharknado, vi tranquilizzo subito: questo film è un’ottima produzione che in più riesce ad evadere dal sentimentalismo sfrenato che infarcisce altri omologhi come 2012.
Intendiamoci, la formula è comunque la classica commistione fra la cronaca del disastro di turno e la difficile vita familiare dei protagonisti, nonostante questo il regista riesce a non rendere eccessivamente pesante la cosa, amalgamando il tutto in un buon prodotto d’intrattenimento. In due parole: Coinvolge ma non stucca.
Pregevole il rimbalzo del punto di vista da un obiettivo all’altro durante il film: nonostante non sia un steady cam movie, il regista si diverte a passare dalla macchina da presa alle inquadrature di cellulari, Go Pro e telecamere portatili in maniera completamente fluida accentuando l’azione e l’immersione dello spettatore quando la situazione si fa particolarmente critica (cioè l’80% del tempo).
L’impatto visuale è mostruoso e riesce a trasmettere benissimo la potenza della natura che si esprime a suon di pioggia, venti potentissimi e un impressionante firenado.
Un film che sicuramente in patria ha una lettura diversa rispetto a quella che possiamo avere qui: è lampante il tributo alle vittime di Katrina e le altre sciagure che si abbattono negli USA “un volta all’anno quando prima era una ogni 10 anni”.
Merita la visione al cinema nella sala con lo schermo più grande, è un film onesto che mantiene tutte le promesse fatte nel trailer con un buon ritmo che non annoia mai. Se volete vedere un po’ di fine del mondo, questo film fa per voi.