Luigi Tenco ……a 47 anni dal giorno della sua morte
“ Io sono uno che sorride di rado, questo è vero, ma in giro ce ne sono già tanti che ridono e sorridono sempre, però poi non ti dicono mai cosa pensano dentro “
(Luigi Tenco, 1966)
Sono passati 47anni da quel Sanremo del 1967 in cui Luigi Tengo si tolse la vita con un colpo di pistola alla tempia.
Ma non è per questo che vorrei ricordarlo oggi. Ma della sua vera/finta relazione con Dalidà. Infatti di recente ho scoperto delle lettere d’amore di Tengo per una certa Valeria. Queste lettere, mai smentite dalla famiglia o dagli amici, mettono in risalto di come lui non stimasse Dalidà, che non volesse partecipare a quel Sanremo e di come avrebbe voluto mollare tutto.
Ma andiamo con ordine.
Tenco e il suo amore segreto
• Da gennaio del 1964 Luigi Tenco intrattiene una corrispondenza d’amore con Valeria, ventiduenne, studentessa universitaria a Roma. La incontra a Milano casualmente e due giorni dopo le scrive la prima di moltissime lettere in cui le racconta progetti e desideri. Spesso va a trovarla a Roma ma di questo amore non parla con nessuno.
Dalida e Tenco insieme anche a San Remo
• Nell’autunno del 1966 il direttore artistico della Rca, Ennio Melis, insieme a un altro funzionario della casa discografica, Mario Cantini, vanno a Parigi per raggiungere Dalida: inaspettatamente si trovano davanti Luigi Tenco che scende le scale di casa portandola in braccio per via di una frattura alla caviglia. Tenco dice di voler partecipare al Festival di Sanremo. Nei giorni successivi, al rientro a Roma, fa sentire al discografico Ciao amore ciao (un verso: «Andare via lontano – cercare un altro mondo – dire addio al cortile – andarsene sognando – e poi mille strade – grigie come il fumo – in un mondo di luci – sentirsi nessuno»). Dalida è entusiasta, accetta di cantare con lui a Sanremo, quelli della Rca cercano di farlo desistere, inutilmente.
Tenco: « Sono solo un uomo, e non tra i migliori»
• Luigi Tenco e Dalida sono inseparabili, ma lui continua a scrivere a Valeria, che aspetta un figlio da lui, e le chiede di sposarlo. La ragazza vuole almeno laurearsi e lascia in sospeso la questione. Tre giorni dopo la proposta di matrimonio Valeria incontra Tenco e Dalida a cena in un ristorante romano: non vuole più sapere niente di lui. Tenco cerca di rimediare, le scrive delle lettere.
Dapprima è furioso: «Pensi proprio che potrà finire qui? C’è quel figlio mio che tu ti sei portata via. Hai intenzione di allevarlo da sola, infischiandotene di me, e di impedirmi magari di vederlo, come se io non avessi alcun diritto su di lui? Scordatelo. Io non lo permetterò mai, come non permetterò che possa portare un cognome che non gli appartiene» (6 novembre 1966).
Valeria però viene investita da un’auto e perde il bambino. Nelle lettere successive Tenco cambia tono: «Amore mio, Adriana ha promesso di farti avere questa lettera: ti prego, leggila, mi è costato scriverla, ammettere la mia stupidità, la mia presunzione, le mie debolezze, la mia ingenuità. Sono solo un uomo, e non tra i migliori, se mi sono lasciato trascinare in questa situazione assurda e non ho la forza e la volontà di uscirne, perché se lo tentassi ne sarei distrutto, comunque. Io ho sbagliato tutto nella mia vita, l’unica cosa giusta, pulita sei stata tu e a te non voglio e non posso rinunciare. Ti ho detto mille volte ti amo, ma non ti ho mai detto scusami (è una parola che non vuoi sentire!) per i miei tanti difetti, per non aver la forza di uscire da questo ambiente ipocrita, falso, spietato in cui domina il compromesso. Perché sono una nullità. Mi hanno promesso il “paradiso”: mi sento sull’orlo di un baratro. Come ho potuto arrivarci! Accidenti a te, perché non hai avuto fiducia in me, perché non mi hai detto di sì. È tutta colpa mia: io ho permesso a quella donna di costruire tutta questa storia, mi sono prestato al suo gioco, perché da idiota io lo credevo solo un gioco. Tenco e Dalida, la coppia vincente del prossimo festival. Che notizia golosa per i giornalisti! Io ho permesso agli altri di ricamarci sopra (ma se mi conoscessero veramente, come potrebbero crederci?). E poi, poi, quando tu te ne sei andata ho pensato di poter fare l’amore con lei, per punirti, per ferirti come tu stai ferendo me. No! Non ha funzionato. Ho tentato in tutti i modi, ho passato delle notti intere (aspetta un attimo!) a bere, a cercare di farle capire chi sono, cosa voglio, e poi… ho finito col parlarle di te, di quanto ti amo. Che gran casino, vero! Certo, lei si è dimostrata molto “comprensiva”, ma mi ha detto che ormai dovevamo portare avanti questa “assurda” faccenda agli occhi degli altri. È una donna viziata, nevrotica, ignorante, che rifiuta l’idea di una sconfitta, professionale o sentimentale che sia. E ora non so più come uscirne. Tesoro mio, qualunque cosa tu possa sentire o leggere, credimi, abbi fiducia in me. Ti prego, ora basta: torna, ho bisogno di te: non ti chiederò nulla, non voglio sapere nulla. Ti amo tanto e ti voglio disperatamente».
Una delle ultime lettera per Valeria
• Il 16 gennaio 1967 (ossia 10 giorni prima del Festival) Luigi Tenco scrive una lettera a Valeria: «Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace… a volte sono ingiusto, egoista, arrogante. Penso ai miei problemi e non sempre mi rendo conto di ciò che hai passato e stai passando. Potrai perdonarmi amore mio? Il fatto è che io, io non vorrei mai che tu ti allontanassi da me; quando questo succede mi sento così spaventato e solo come se tutta la solitudine del mondo mi pesasse sulle spalle. Sarà l’ultima volta! Al diavolo anche Sanremo, vada come vada, a questo punto non me ne frega più niente: voglio che passi, che finisca, voglio uscire da questo gran casino in cui mi sono infilato. Prometto: ti ascolterò tesi e tesine, parleremo di Dna, deficit idrico, zea mays e… di noi soprattutto. Appena avrai discusso la tesi faremo una cosa che non abbiamo fatto ancora, ce ne andremo per un periodo di tempo, tu ed io da soli. Andremo… in Africa… in Kenia. Guarda nel secondo cassetto della scrivania e comincia a fare qualche programma. Tesoro, avremo i giorni e le notti tutte per noi: potremo parlare, prendere il sole, fare l’amore, dimenticare i problemi che abbiamo vissuto, le angosce, i momenti bui. Potremo riscoprire il senso della vita. Ciao, Luigi. Torna presto: queste mie mani sono piene di carezze per te e io… io non sopporto la tua assenza».
Ed a proposito di Valeria, Sandro Paelli, inviato al Festival di Sanremo, racconterà che nell’ambiente festivaliero tutti sapevano dell’esistenza di questa ragazza (anche gli assistenti RAI, dice) e che quando provò ad affrontare l’argomento durante un’intervista, il cantautore rispose che erano affari suoi e che non intendeva parlarne ed interruppe bruscamente l’intervista.
A conferma di tutto c’è la dichiarazione che Teresa Zoccola, la madre di Luigi Tenco, disse nella sua prima intervista del marzo 1967, due mesi dopo la morte di suo figlio:
“Mio figlio e Dalida erano buoni amici. Nient’altro. Luigi non si è ucciso per amor suo. E Dalida non voleva morire perché senza di lui non si sentiva più di vivere. Fra loro, creda, non c’erano amori segreti o impossibili. Queste sono tutte storie inventate, ignobili speculazioni che vengono fatte con il nome del mio ragazzo”
[…]
“Non andavano d’accordo loro due. Lei era una diva, esattamente l’opposto delle ragazze semplici e spontanee che piacevano a mio figlio. Luigi faceva fatica a lavorare insieme a lei. «Le dive come Dalida», mi aveva detto Luigi prima di partire per Sanremo, «non sono delle donne, mamma: non sono naturali, non sono umane. Non immagini che fatica faccio a lavorare con lei». Dalida questo lo sapeva. «Non m’importava», mi ha detto. «Gli volevo bene lo stesso. Gliene volevo molto. E a Sanremo cercavo di stargli vicino; io lo andavo a cercare, volevo parlare con lui: era così buono, onesto, generoso Luigi e mi faceva bene stare in sua compagnia». Non credo fosse innamorata di mio figlio, ma aveva molta simpatia per lui, forse un mezzo sentimento”. Sa di Valeria, sa ciò che Tenco pensa di lei, sa quello che gli altri dicono della relazione. Ma va bene così. Dalida esprime il suo sentimento. Tenco no. Niente.
Tempo dopo la morte di Tenco una dichiarazione della stessa Dalida sulla ragazza di Luigi Tenco, che potete leggere anche nella versione originale in spagnolo:
Dalida, amica intima di Tenco, con gli occhi gonfi di lacrime, mi confessò:
– È una copertura quella che ora vogliono stendere. Vogliono creare l’immagine dell’idolo che non sopporta il fracasso e si ammazza. La verità è un’altra. Credo che la verità di questa morte ingiusta la conosca solo Dio e quella donna che non seppe quanto Luigi era innamorato di lei.
Questo è il punto. Al di là delle testimonianze pro e contro, al di là delle apparenze ed oltre tutte le supposizioni possibili, c’è il fatto che Luigi Tenco, di persona, con la sua voce, non ha mai detto pubblicamente cosa fosse per lui Dalida. Lei invece ha detto tanto.