Israele, ferrovia in Cisgiordania: nuove frontiere del colonialismo
Israele ha già pronto il progetto per la realizzazione di una ferrovia che collegherà le principali città israeliane agli insediamenti dei coloni in Cisgiordania attraversando in lungo e in largo i territori palestinesi.
Le nuove frontiere del colonialismo israeliano passano attraverso l’esproprio “leggero” dei territori palestinesi: dopo la direttiva dell’Unione Europea, schierata contro gli insediamenti dei coloni in Cisgiordania, il Ministro dei Trasporti di Israele, Yisrael Katz, ha tirato fuori dal cassetto un piano, pronto da anni, per espropriare nuovi territori ai palestinesi della West Bank con la “scusante” della realizzazione di una rete ferroviaria utile a collegare le principali città israeliane a quelle palestinesi. Il solo pensiero di vedere collegate Hebron, Jenin, Afula, Ramallah, Gerusalemme e Tel Aviv sembra un’utopia: è veramente difficile pensare che il servizio offerto possa essere il medesimo per cittadini israeliani e palestinesi. Che fine farebbero i checkpoint e tutti i controlli riservati ai palestinesi che attraversano i confini?
Fonti israeliane e palestinesi espongono la notizia in modo molto diverso.
Tra le poche certezze ci sono i numeri del progetto: 11 linee, per 473 chilometri di ferrovia e 30 stazioni, oltre alla previsione di trasportare oltre 30 milioni di persone. Per comprendere quanto possa essere rilevante questa operazione, basti sottolineare che l’attuale rete ferroviaria israeliana è lunga 1100 chilometri.
Per quanto riguarda la data di realizzazione, i portavoce delle Ferrovie Israeliane parlano del 2035.
Non sono ancora chiari i costi per la realizzazione del progetto. “Times of Israel” parla di “migliaia di miliardi di shekel, per via della necessità di realizzare dozzine di tunnel e ponti, che permetteranno ai treni veloci di attraversare velocemente il tortuoso territorio della West Bank”.
I portavoce del Ministro dei Trasporti sostengono che il progetto sia stato sottoposto all’Alta Corte di Giustizia, che ha dato parere legale favorevole. Anche l’Amministrazione Civile israeliana in Cisgiordania ha approvato il progetto, sottolineando, però, che la realizzazione della rete potrebbe incontrare serie difficoltà.
Yisrael Katz ha parlato di progetto “nuovo”. In realtà, già nel 2010, aveva esposto, durante una visita nel Nord della Cisgiordania, la volontà di realizzare una linea ferroviaria per collegare la città israeliana di Rosh Ha’ayin con Nablus, situata nel Nord della West Bank. Parlando di questo progetto, per cui sono già stati stanziati l’equivalente di 200mila euro per l’avvio dei lavori, Katz citò “la realizzazione di una linea ferroviaria in grado di ricalcare quella del Mandato Britannico”, comprendendo quindi anche i territori della Cisgiordania e non solo.
Una frase ricorre su vari quotidiani israeliani: “Sarà necessaria la cooperazione con l’Autorità Palestinese”. La stessa Autorità che condanna la continua espansione coloniale di Israele in Cisgiordania.
Gallerie e reti ferroviarie contreoverse: c’è già un precedente, anche per le proteste
L’organizzazione palestinese per i diritti umani “Al Haq“, all’inizio di luglio, ha rinvigorito la protesta contro la realizzazione della linea ferroviaria per il treno ad alta velocità Tel Aviv – Gerusalemme.
Le autorità italiane sono state contattate dall’organizzazione in quanto la società che si occuperà di realizzare le gallerie è italiana: la Pizzarotti & C. di Parma. “Al Haq” ha rilasciato un comunicato in cui scrive che “l’Italia ha il dovere di intervenire, ai sensi del Diritto Internazionale. Ci sono prove fondate per determinare che la Pizzarotti & C. possa essere ritenuta responsabile di atti che potrebbero procurare gravi violazioni del diritto internazionale: crimini di guerra, saccheggio, distruzione e appropriazione di beni”. Il progetto del TAV Tel Aviv – Gerusalemme prevede il passaggio, per 6,5 chilometri, all’interno dei Territori Palestinesi occupati. Le zone in cui passerà la ferrovia sono state espropriate agli abitati delle cittadine di Beit Iksa, Beit Surik e Yalu.
Metodo alternativo di occupazione
Il progetto di uno Stato istituzionalmente stabile che finanzia completamente un progetto in un territorio straniero al fine di creare nuove infrastrutture potrebbe anche apparire positivamente. La realtà è un’altra: la rete ferroviaria israeliana in Cisgiordania esproprierebbe ulteriormente territori agli abitanti palestinesi, che non riceverebbero alcun tipo di indennità o di futura redistribuzione dei ricavi.
Alcuni analisti parlano, con straripante ottimismo, della possibile interpretazione della rete ferroviaria come mezzo utile al raggiungimento della pace e alla realizzazione di uno stato binazionale. Gli incontri diplomatici tra autorità israeliane e palestinesi dovrebbero riprendere il 14 agosto, dopo anni di stallo: alla luce di questi nuovi sviluppi, sembra veramente difficile il raggiungimento del punto richiesto dai palestinesi per la riapertura dei negoziati. Israele dovrebbe riconoscere l’indipendenza delle autorità della Palestina, quando poi ne espropria i territori e decide di attraversare una grossa fetta di Cisgiordania senza le informazioni dovute agli abitanti.
Il progetto, tra l’altro, costituisce un vero e proprio atto di occupazione “preventiva”: ogni progetto di sviluppo delle autorità palestinesi nei territori in cui passerà la ferrovia, dovranno tenere conto delle traiettorie della linea e di tutte le infrastrutture collegate.
Fondamentalmente, il progetto della ferrovia non è un segno della conclusione dell’occupazione, ma solamente una variazione di metodo: la realizzazione richiederà l’occupazione del territorio, l’appropriazione di risorse, il coinvolgimento della popolazione come forza lavoro, il tutto escludendo dalla gestione l’Autorità Palestinese. L’occupazione con la più “occidentale” delle motivazioni: quella economica.
“Pace economica”
Richard Irvine di “NewsStatesman” sostiene che la nuova ferrovia potrebbe far parte della strategia di Netanyahu per raggiungere una pace dovuta all’integrazione della popolazione palestinese nell’economia israeliana. Va sottolineato che il miglioramento delle condizioni di vita dei palestinesi è stato raccomandato più volte da parte dell’ONU alle autorità occupanti.
Su “NewsStatesman” si legge
Dal 1967 fino allo scoppio della Prima Intifada nel 1987, Israele ha portato avanti politiche di integrazione della popolazione palestinese nella propria economia. Dopo gli Accordi di Oslo, Israele ha abbandonato queste politiche e ha propeso per chiusura e disimpegno, strategie che hanno raggiunto il picco durante il periodo di Sharon e Olmert. Ora, questo progetto della ferrovia suggerisce un’ulteriore riconfigurazione della strategia israeliana riguardo l’occupazione del territorio della West Bank e la gestione della sua popolazione.
Netanyahu, nonostante il suo famoso discorso di Bar-Ilan del giugno 2009, quando mostrò un avvicinamento al concetto di due stati per due popoli, non ha mai preferito questo esito. La Cisgiordania, o Giudea e Samaria, come preferisce chiamarla, resta “la terra dei padri” e ogni progetto che considera la possibilità di lasciare che il 90% o più del suo territorio, necessario per la creazione di uno Stato palestinese, sembra pura fantasia a tutti. Tranne, sembra, a Saeb Eretak e John Kerry.
Questo piano ferroviario, quindi, dovrebbe piuttosto essere inserito all’interno del concetto di “pace economica” di Netanyahu. In un suo discorso nel 2008 ha respinto i colloqui di pace come “basati solo su una cosa: i colloqui di pace”, aggiungendo che “non ha senso a questo punto parlare delle questioni negoziabili […] che hanno portato al fallimento e, probabilmente, porteranno a nuovo nuovo”. All’epoca, parlò di “volontà di costruire una pace economica, a fianco del processo politico. Ciò significa che dobbiamo rinforzare le parti moderate dell’economia palestinese, gestendo una rapida crescita in quelle zone, e la veloce crescita economica offrirebbe un’occasione di pace per i palestinesi”.
Il progetto ufficiale della nuova rete ferroviaria in Cisgiordania verrà reso pubblico alla fine del mese. Solo allora sarà possibile esporre le varie obiezioni, che già sono previste in gran numero.
Mustafa Barghouthi, segretario generale del PNI (Palestinian National Initiative), nonché ex Ministro del governo di “unità nazionale”, sarà uno dei primi a esporre le proprie, secondo “NenaNews”: “Questa ferrovia è l’ultimo tentativo israeliano di annettere la Cisgiordania e soffocare ogni sforzo dei palestinesi di creare un loro Stato”.