YOUng intervista gli Incognito al Centro Commerciale Campania

1 Luglio 2012
Mattia Sguazzini
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Incognito

This Interview is available in its original text in English too. Take a look in the text below.


Venerdì 29 giugno il Centro Commerciale Campania ha ospitato la band acid jazz “Incognito”, capitanata dallo storico leader Jena-Paul “Bluey” Maunick, chitarrista e cantante del gruppo. Il nostro caro Direttore, Germano Milite, si è presentato nel backstage, armato di microfono, per qualche domanda sull’album uscito da poche settimane e per chiedere qualche curiosità…


Il 26 marzo è uscito il vostro ultimo album, “Surreal”. Com’è stato ricevuto dal pubblico e come sono le prime reazioni ai nuovi pezzi?

Questo album è stato ricevuto abbastanza bene. Le reazioni sono le migliori dalla metà degli anni ’90. Sto provando piacere, perché io apprezzo ogni singolo album, poiché questi sono tutti dei figli per me. Quindi li amo individualmente, perché sono tutti distinti, hanno il loro carattere proprio. Ma capisco che in questo album abbiamo messo molto amore e molto tempo. Gli artisti non fanno album come questo. Di norma, prendono due o tre singoli e li mettono in una raccolta di canzoni che tengono insieme un album. Questo è stato modellato come album dall’inizio alla fine. Ci ha preso tempo, è stato costoso ed è stato un simbolo d’amore.

Durante un’intervista sull’album Transatlantic R.P.M. lei aveva dichiarato che il clima compositivo dell’album era quello del vecchio stile Motown, ovvero seduti in cerchio a decidere come mettere su un nuovo pezzo da incidere. Cosa può raccontarci, invece, della composizione e produzione di questo album?

Questo non è stato fatto nello stile Motown. Quello era un modo di fare in cui sistemavi la strumentazione e suonavi. Quest’ultimo album è stato prodotto meticolosamente. Ci siamo presi tempo per tutto: quando abbiamo avuto bisogno di due giorni per trovare il suono della batteria, abbiamo speso due giorni per cercarlo. Gli anni della Motown erano diversi: prendevi la batteria, la sistemavi e il suono che tiravi fuori era lo stesso per tutto l’album. La batteria non si muoveva. Se vai negli studi Motown ora, le cose sono ancora nello stesso posto di quando eravamo la. In questo album, invece, abbiamo registrato la batteria prima in un angolo, poi dietro un divisorio in fondo al corridoio o in qualche altro posto per avere un suono diverso. Avevamo a disposizione circa dieci diverse basi di batteria tra cui scegliere il suono. A volte passavamo una settimana intera a cercare il suono giusto della batteria.

“Incognito”, come mai questo nome? È una parola tipica delle lingue latine…

Perché… di solito le band sono gang. Quando entri in una band tutti spiegano “questo è il look della band, questo lo stile. E ora siamo noi contro loro!”. È come nelle squadre di calcio: questa squadra contro quell’altra.
Incognito non è una band. Incognito non ha mai pensato di essere una band. Incognito è ciò che chiami collaborazione di musicisti: una parola brutta che può rappresentare ciò che siamo è “corporazione”. Noi siamo come una piccola corporazione che lavora assieme ad altre corporazioni. Ci prestiamo la gente. Abbiamo i songwriter esperti: ce li prestiamo. Ci passiamo i cantanti da una band all’altra. È un’idea utile per allargare sempre di più i confini, ad esempio verso i musicisti giovani. Sai, come quando senti qualcuno suonare per strada o in un pub e gli dici “Domani, vieni a suonare in studio”. Con una band non potresti farlo. Una band ha il suo look, il suo stile, il suo sound: ha le sue barriere. Questa band non ha barriere.

Gli Incognito sono stati tra i pionieri dell’acid jazz, tra i trascinatori dell’etichetta Talkin’ Loud, e hanno portato avanti questo genere musicale negli anni. Avete avuto influenze all’interno delle altre band e musicisti del genere?

Non da parte delle altre band acid jazz, perché siamo arrivati prima noi di loro, eravamo una jazz funk band già nel 1978, 1979. Quindi loro sono arrivati dopo di noi. Noi siamo stati influenzati dalla stessa gente che costituisce le radici dell’acid jazz. All’epoca non si chiamava acid jazz, ma boogalo, oppure jazz funk, in America: gente come Lonnie Liston Smith, Brian Auger, Herbie Hancock, gente che suonava jazz con un attitudine funk. Più tardi è diventato acid jazz, ma allora le band inglesi stavano ascoltando gli Incognito. Quindi sono arrivate band come i Brand New Heavies o Jamiroquai, che avevano già un modello negli Incognito, che, a loro volta, l’avevano preso altrove.




ORIGINAL LANGUAGE INTERVIEW

The 26th of march came out your latest album, “Surreal”. How has it been received from the public and what are the first reactions to the new songs?

Well this album is being received rather well. The reaction looks it’s being the best album since the mid ‘90s. I’m taking the libido back, because I enjoy every album and every album is like a child to me. So I love each individually, because they are all very individual, they have their own character. But I can understand with this album we really put a lot of love, a lot of time. People don’t make albums like this. They make two or three singles and then they put collections of songs that can, maybe, sustain an album. This was crafted as an album from beginning to the end and it was time consuming, it was expensive, and it was a real label of love.

During an interview about the album Transatlantic R.P.M, you said that the way of composition of the album was like the old one of the Motown: the artists sat in a circle and talked about how to set the new song to produce. How can you tell about the style of composition and production of the new album?

Well, it wasn’t so Motown. It wasn’t just a kind of set up and play. It was meticolous. It was like taking time to… If we need to spend two days on the drums sound we would spend two days. The Motown years was like to set up the drum kit, get the sound and then the whole album sounded like this. The drums doesn’t move. If you go to Motown studios now, things are still in the same place when we used to be then, when we visited the studio. This new album, one minute we would have the drum recorded in this corner, then the drum recorded in a little booth down the corridor or somewhere else to get the different sound. We would have had about ten different base drums and we would choose the sound. We sometimes we spent a week just to set the drum sound.

“Incognito”, why this name? It’s a typical latin word…

Because… bands are gangs. You know, and when you come into a band everybody starts “This is the look of the band, this is the style of the band. And now it’s us against them”. It’s like a footbal team. This team against this team. Incognito is not a band. Incognito has never mind to be a band. Incognito is what you call a collaboration of musicians: a bad word that could do an example of what we’re is a “corporation”. It’s like a little corporation that works together with another corporation. We borrow people. We’ve experts in songwriting: we borrow, we bring here. A singer from this band, a singer there. This idea is to include more and more, like young musicians. You know, meeting somebody down the road, or playing in a pub and say “Oh, tomorrow come to the studio and play”. You know: a band can’t do this. A band has its look, its style, its sound. You know, it has barriers. This band has no barriers.

Incognito have been pioneers of acid jazz, among the pioneers of the label “Talkin’ Loud”, and have carried on their back this music genre during the years. Have you had influences from other band of the genre? In case, which of them?

Not by acid jazz bands, because we came before them. We were jazz funk band in 1978, 1979. So they came after us. We are influenced by the same people who have the roots of acid jazz. That wasn’t called acid jazz but boogaloo jazz funk from America. People like Lonnie Liston Smith, Brian Auger, Herbie Hancock people that played jazz with funk attitude. Later on, it became acid jazz, but then british bands were listening to Incognito. So band like Brand New Heavies or Jamiroquai came later on and they got their blueprint from Incognito, but we got blueprint from somewhere else.




BIOGRAFIA INCOGNITO


Gli Incognito nascono nel 1979, da due componenti della band funk “Light of the World”: Jean-Paul “Bluey” Maunick (chitarrista, cantante e produttore) e Paul “Tubbs” Williams (bassista e cantante). I due facevano parte di una band che, già durante i ‘70s faceva un funky che strizzava l’occhio al jazz. Da questa volontà nasce l’esperimento degli Incognito, che partono come band live e incidono l’album “Jazz Funk” nel 1981, per la Ensign Records.

Durante gli anni ’80 la band non riesce a esplodere. Il genere musicale rimane in lavorazione nei locali underground, dove la band continua a suonare, ma non ci sono impegni discografici. In Inghilterra imperversano le ultime fiammate del punk e della new wave, e per il funk non c’è spazio negli anni ’80, almeno non nel mainstream.

Passano gli anni e, alla fine degli anni’80, dei componenti fondatori è rimasto Bluey, che porta la band a un accordo con Gilles Peterson, DJ e produttore inglese che, nel 1989, ha fondato la Talkin’ Loud, quella che sarà l’etichetta di punta dell’acid jazz.

Nel 1991 esce “Inside Life”, disco che fa notare che gli Incognito non erano stati una semplice fiammata degli inizi degli ‘80s e gli anni passati e le strumentazioni nuove permettono alla band una duttilità musicale notevole, permettendo un mix non invasivo tra le strumentazioni “elettriche” con elementi dell’elettronica.

Gli Incognito non lasciano raffreddare il pubblico e nel 1992 incidono “Tribes, Vibes and Scribes”, dove tutti gli elementi vengono enfatizzati: l’elettronica viene limata e le strutture jazz ora sono più articolate, e il tiro dei pezzi è sempre notevole. L’acid jazz è formato e gli Incognito ci ballano dentro piacevolmente. Dall’album viene estratto un singolo di successo internazionale: “Don’t you worry ‘bout a thing”, cover del brano del 1973 di Stevie Wonder. L’album intero raggiunge un successo internazionale sia a livello di singoli, sia a livello di produzione totale.

Certi livelli di successo sono difficili da mantenere. Ma questo non modifica il modo di far musica della band, tanto che gli album successivi non riscuotono un grande successo a livello mondiale, ma il pubblico del jazz rimane affezionato alla band e le vendite sono indirizzate quasi tutte nel mercato jazz, tanto che gli Incognito compiono vari assalti alla classifica degli album jazz negli U.S.A. per molti anni di fila: “Positivity” (1993) si piazza 3°, “100° and Rising” (1995) si piazza 2°, “Beneath the Surface” (1996) a sua volta 2°, “No Time like the Future” (1999) 4°. Di questi “100° and Rising” bissa il successo internazionale dell’album del 1992, scalando le classifiche europee e quelle U.S.A. sia R&B che generali.

Arriva il 2001 e nel nuovo millennio non sembra andare tutto come prima: esce “Life, Stranger than Fiction”, l’ultimo album sotto l’etichetta Talkin’ Loud. Nonostante il buon livello di produzione l’album non viene accolto da vendite notevoli.

Si conclude il sodalizio con l’etichetta Talkin’ Loud e inizia l’avventura con la Dôme Records, sempre in Inghilterra. Lo stile della band si sposta per una decina di anni a seguire verso uno stile “R&B”, già dall’album “Who needs love” del 2002, che riscuote un discreto successo negli States. Nel 2004 esce “Adventures in Black Sunshine”, album di notevole successo sia in Europa che negli States, dove sfonda il muro dei top 50 album venduti nella classifica R&B.
Nel 2005 c’è un’esperienza con l’etichetta tedesca, la Edel, con cui viene inciso l’album “Eleven”, con conseguente scalata alla classifica R&B U.S.A.
Nel 2006 esce “Bees + Things + Flowers”, di nuovo per la Dôme, album sottotono, sotto l’aspetto della critica e della risposta del pubblico. Non tarda ad arrivare una ricrescita, con “Tales from the Beach” del 2008, che scala le classifiche europee con discreto successo e quelle statunitensi sul fronte indie e R&B con successi nelle top 50 delle vendite annuali dei dischi.

Quando la strada dell’acid jazz sembrava persa, arriva, nel 2010, un album che riporta le sonorità del genere in un disco della band: “Transatlantic R.P.M.”, dove la musica della band viene condivisa con collaborazioni da personaggi provenienti da varie esperienze musicali, da Al McKay (chitarrista degli Earth, Wind & Fire) a Chaka Khan a Mario Biondi. L’album riscuote un notevole successo in Europa, dove gli album della band non avevano grandi successi di vendite durante i primi anni duemila. Gli Incognito ritornano nella classifica degli album jazz USA, piazzandosi al 7° posto, e occupano una buona piazza nella top 50 R&B.

Bluey ama variare i collaboratori e nel 2012 esce l’album “Surreal”, dove lavora con Mo Brandis, cantante tedesco, e con la cantante inglese Natalie Williams.


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