Attentato a Brindisi, l'ombra dello Stato
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Le oscure circostanze in cui si consumarono le stragi di Falcone e Borsellino ci hanno messo tante pulci nelle orecchie. Da allora in poi, pensare che dietro certi episodi di violenza di richiamo nazionale si possa nascondere la mano dello Stato – o di romanzeschi “apparati deviati” – non è più considerata un’ipotesi fantapolitica. Indagini, fughe di notizie, agende rosse, e controverse dichiarazioni di pentiti hanno rafforzato i nostri dubbi, sebbene le modalità, i reali mandanti e i retroscena di quella triste stagione di attentati restino ancora avvolti nel mistero.
Forti di questo precedente, potremmo avanzare dei sospetti anche per la strage di Brindisi: senz’altro un caso atipico nella storia repubblicana. Il primo fantasma che è stato evocato immediatamente dopo lo deflagrazione è stato quello della mafia. Forse perché ormai, nel nostro immaginario nazionale, siamo abituati a salutare il passaggio da una Repubblica ad un’altra con i botti di Cosa Nostra. Ma l’indiziato numero uno, questa volta, ha dalla sua parte numerosi alibi. Non si capisce infatti perché la criminalità organizzata avrebbe dovuto intraprendere un’azione del genere ai danni di un obiettivo che, al di là del nome che porta, avrebbe ben poco di strategico. Sarebbe un atto di ”terrore” fine a se stesso e che non condurrebbe a nulla se non alla militarizzazione della città e all’arresto di qualche capro espiatorio pescato negli ambienti della manovalanza criminale. Allora, se non la mafia, chi potrebbe aver piazzato quelle bombe davanti alla scuola Morvillo-Falcone? Cui prodest?
Nel ricco elenco degli indiziati, dovremmo scartare subito il terrorismo organizzato. Brigate Rosse e Anarchici hanno dimostrato nel tempo di avere degli obiettivi mirati, la cui eliminazione punta a destabilizzare l’ordine costituito e i suoi simboli più appariscenti. Per esempio Adinolfi, tanto per restare nell’ambito della cronaca recente, è stato gambizzato perché indicato dagli anarchici come il responsabile del ritorno dell’atomo in Italia. Una rivendicazione ideologica a tutti gli effetti. Ammazzare invece un gruppo di studenti di un anonimo capoluogo di provincia della Puglia non appare un’azione politicamente sovversiva, né un atto di opposizione all’autorità costituita. Da qualunque prospettiva la si guardi, resterebbe null’altro che un’infamia.
Così, scartata la matrice terroristica e quella criminale, e a meno di non chiamare in causa gruppi di fanatici o isolati Breivik di casa nostra, l’unico che in questo momento storico trarrebbe vantaggio dalla strategia della tensione, paradossalmente, è lo Stato, quanto mai indebolito dalla cattiva gestione della crisi economica e dal deficit di credibilità di un’intera classe politica e dirigente che ha (mal)governato la Penisola negli ultimi vent’anni. Una condizione di paura diffusa e capillare, generata da bombe e attentati, sarebbe una buona scorciatoria per legittimare il pugno duro contro i cittadini e per disinnescare, manu militari, l’insofferenza sociale che sta serpeggiando nei confronti delle istituzioni e delle sue emanazioni dirette (vedasi Equitalia).
Sto quindi dicendo che dietro lo scoppio delle bombe ci sia qualche 007 del Sisde? Non possiamo dirlo: andiamoci piano con i complotti. La mia potrebbe essere solo la fantasia di un blogger che ha il viziaccio di intravedere forme di controllo sociale dietro ogni episodio di violenza che generi stati di panico collettivo. Ma allo stesso tempo non possiamo dimenticarci che la paura è sempre stata il sentimento maggiormente cavalcato nella storia per controllare le masse e per legittimare irrigidimenti autoritari o stati di eccezione alla democrazia (fra gli esempi recenti valga l’undici settembre). Senza assumerla a mo’ di corollario, dunque, nel vasto ventaglio di ipotesi che gli inquirenti stanno vagliando e vaglieranno in futuro, la pista dello ”Stato” (o dello Stato-mafia, o di qualche altra misteriosa entità ibrida) non va scartata a priori neanche nel caso di Brindisi. Solo il tempo ci potrà dire – forse – chi si nasconde dietro le bombe di oggi. Nel frattempo, non possiamo fare altro che piangerci i morti e raccogliere i feriti.
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